Gli americani non se lo dimenticano. C'hanno fatto un film, Argo, che ha vinto, l'Oscar nel 2012, anche perché va a toccare una ferita ancora aperta per la nazione. Era la notte del 4 novembre 1979 e gli studenti iraniani assalirono l'ambasciata Usa a Teheran e presero in ostaggio 70 persone, 54 delle quali le tennero per 444 giorni fino al gennaio del 1981. Un insulto che, assieme al fallito blitz nell'aprile 1980, portò alla sconfitta di Jimmy Carter, spianando poi la strada a Ronald Reagan. I prezzi del petrolio da 14 dollari di inizio 1979 salirono nel corso della crisi a 34 dollari, 80 dollari attuali, anche per l'inizio della guerra fra Iraq e Iran che dal settembre 1980 fece venire meno 4 milioni di barili giorno.
Fu il secondo shock petrolifero, dopo quello dell'ottobre 1973, ma i cui effetti furono più devastanti, con una frenata del Pil mondiale che si sarebbe vista solo 30 anni dopo, nel 2009. La domanda di greggio in due anni crollo del 10%, 6 milioni di barili giorno e avviò un processo di profonda riconversione degli usi energetici dell'industria e del riscaldamento dove di fatto i derivati del petrolio sparirono. Nei trasporti, si moltiplicarono i tentativi di ridurre la dipendenza da benzina, ma i risultati furono modesti. Gli alti prezzi favorirono nuove produzione nel mare del Nord, in Messico, Alaska. La produzione fuori dal cartello salì in pochi anni di 8 milioni barili giorno e forzò, assieme al crollo della domanda, una contrazione di quella OPEC di 14 milioni barili giorno a 17 milioni di barili giorno nel 1985. Reagan avviò un programma di liberalizzazione e il New York Mercantile Exchange, la borsa merci che pochi anni prima stava per chiudere, lanciò nel marzo del 1983 il contratto futures per greggio, mentre a Londra nel 1986 partì quello del Brent del Mare del Nord, il cui prezzo tutti i giorni compare sulla Prima del Sole 24 Ore dalla fine degli anni '90.
Dopo aver rubato il ruolo di guida all'OPEC, i prezzi futures sono diventati oggi il principale indicatore dell'economia reale. In modo opposto dal 1979, se i prezzi del petrolio vanno su è positivo, perché la domanda e l'economia tira, se scendono è segno di deflazione. La guerra fra Iran e Iraq finì nell'agosto del 1988 e Platero, inviato del Sole, il 9 agosto raccontava di come non avesse spostato un centimetro i confini e causato un milione di morti. Il leader iracheno Saddam Hussein aveva agito per procura, aiutato in modo esplicito da Reagan e da Arabia Saudita che gli prestò, assieme alle altre petromonarchie, 50 miliardi di dollari. Dopo 2 anni, intenzionato a riprendersi qualcosa, il 2 agosto 1990 occupò il Kuwait, da dove fu ricacciato subito nel gennaio 1991. Dopo le torri gemelle del settembre 2001, gli Usa decisero di far fuori nel 2003 Saddam Hussein, innescando una dissoluzione che ha permesso nel nord Iraq la crescita dello Stato Islamico. Proprio per combatterlo gli Usa hanno chiesto aiuto all'Iran, al quale, nel 2012, erano state imposte nuove sanzioni per eccesso di attivismo sul nucleare. Dopo due anni di negoziati, la fine delle sanzioni è arrivata il 16 gennaio 2016. Il resto è cronaca di questi giorni. L'Iran si lamenta che di fatto gli Usa non lasciano fare affari agli occidentali. Gli Usa vogliono trattenere 2 miliardi di fondi iraniani. I Sauditi, spaventati del ritorno della potenza persiana hanno fatto crollare i prezzi del petrolio. Le guerre per procura continuano e si sono allargate al Nord Africa. I consumi di petrolio, dopo il minimo del 1982, sono aumentati di 30 milioni di barili giorno, perché nei trasporti non hanno alternativa, e nel 2016 raggiungeranno un nuovo record storico a 96 milioni barili giorno. Come sempre è complesso l'intreccio fra politica, economia, e petrolio; per capirci di più un aiuto lo dà Il Sole, oggi come 37 anni fa
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