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Dossier Quegli occhi chiusi della borghesia sul fascismo

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Dossier | N. 19 articoliI 150 anni del Sole 24 Ore

Quegli occhi chiusi della borghesia sul fascismo

l'atteggiamento de “Il Sole” verso il fascismo, nel periodo precedente la sua ascesa al potere, fu influenzato e condizionato dalla paura dell' “idra bolscevica”, come avvenne per gran parte della borghesia italiana, sia politica che economica e culturale. Con l'editoriale pubblicato il 29 ottobre 1922, intitolato «La legge del dovere», il giornale non soltanto approvò la violenza fascista contro socialisti e comunisti, ma deprecò il «lagnarsi troppo delle intimazioni che le forze fasciste [...] oggi dirigono al supremo potere dello Stato», perché erano intimazioni giustificate dalla costante debolezza manifestata dai governanti: «senza atti vigorosi», affermava “Il Sole”, non sarebbe stato possibile «creare quella condizione di equilibrio senza della quale non vi può essere salvezza». E come gran parte della borghesia, nel rivolgersi ai «generosi» fascisti, che tanto avevano contribuito «a fiaccare l'idra bolscevica» abbandonando «i mezzi legali per ottenere la salvezza della nazione» e per far «sentire quanto sacra dev'essere la Patria», li esortava ora a manifestare «la devozione leale e impavida alla legge del dovere». Il fascismo, proseguiva il giornale, doveva «avere il senso del limite in ogni suo atto, poiché è il senso del limite quello che può costituire il diritto. Se così sarà, si potrà veramente ridare all'Italia la sua pace e sollecitamente avviarla al suo rinnovamento economico».

Nei giorni successivi all'arrivo di Mussolini a Roma per formare il nuovo governo e alla parata trionfale degli squadristi nella capitale, “Il Sole” tranquillizzò i lettori facendo loro sapere che i circoli finanziari seguivano le vicende italiane con “serenità”, e con «la fiduciosa aspettativa dell'opera risanatrice del nuovo Ministero. Va rilevato intanto che dalle Borse estere ci giunsero quotazioni della nostra lira assai lusinghiere». Commenti analoghi furono espressi in quei giorni, e nei mesi successivi, da molti esponenti della borghesia industriale, commerciale e finanziaria, che plaudirono alla politica liberista del governo Mussolini, impersonata dal nuovo ministro delle Finanze Alberto de' Stefani, che non era solo un apprezzato economista, ma era stato anche un comandante squadrista.
La politica economica fascista sembrava far propri i criteri di risanamento delle finanze dello Stato, indicati da “Il Sole” il 28 giugno 1922, quando lo squadrismo aveva iniziato la sua offensiva di “intimazioni” contro il governo liberale; i criteri proposti dal giornale milanese erano«effettiva riduzione delle spese per la burocrazia […]; rinunzia a ogni nuova spesa; [….] abbandono da parte dello Stato di ogni funzione non strettamente necessaria».

La prospettiva economica e finanziaria, entro la quale “Il Sole” formulava la sua valutazione del fascismo al potere, era speculare alla prospettiva politica della borghesia conservatrice e liberale, che attribuiva al governo di Mussolini e al partito fascista soltanto una funzione restauratrice dell'autorità statale e dell'ordine sociale. Così facendo, chiusero tutti e due gli occhi sulla natura del fascismo come partito milizia, che predicava e praticava una concezione antidemocratica e antiliberale dello Stato, perseguendo, in nome di un governo forte per il bene dell'Italia, la conquista del monopolio del potere. Quando ciò avvenne dopo il 1925, la borghesia conservatrice e liberale che aveva invocato dai fascisti «la devozione leale e impavida alla legge del dovere», dovette invece sottostare alla legge del «credere, obbedire, combattere».

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