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Dossier Quella «vigile neutralità» allo scoppio della Guerra

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Dossier | N. 19 articoliI 150 anni del Sole 24 Ore

Quella «vigile neutralità» allo scoppio della Guerra

Quando giunse in Italia la notizia dell'attentato di Sarajevo la classe politica non fu particolarmente colpita dall'evento. L'arciduca Francesco Ferdinando non godeva di particolari simpatie per il suo filo slavismo e i non celati sentimenti anti-italiani. Nessuno, poi, credeva alla possibilità di un conflitto mondiale. La scelta della neutralità, il 3 agosto 1914, fu la logica conseguenza di una valutazione politica secondo la quale sembrava lecito ritenere che il conflitto sarebbe rimasto localizzato in ambito austro-serbo o, al più, austro-serbo-montenegrino. Il paese si divise presto fra interventisti e neutralisti secondo una linea di demarcazione che rifletteva spaccature ideologiche e preoccupazioni per il futuro: i nove mesi di neutralità trascorsero in un clima di latente lotta civile.

Il Sole – già allora il maggiore quotidiano economico del paese e punto di riferimento della borghesia liberale e democratica oltre che del ceto imprenditoriale – fece sentire la sua voce con interventi che mostravano come il suo conservatorismo politico tenesse presenti, anche nella particolare contingenza bellica, le esigenze di uno Stato che, per quanto giovane e caratterizzato da forti squilibri, aveva da qualche decennio intrapreso la via della trasformazione in un moderno paese industriale. Si preoccupò subito di raccomandare, nel numero del 10-11 agosto 1914, che nella «fortunata situazione di neutralità» da pochi giorni decisa non si verificasse soluzione di continuità nello «svolgimento del lavoro nelle nostre industrie e nei nostri commerci», perché, al termine della «orrenda lotta», le strutture commerciali e industriali italiane, se si fossero trovate in buone condizioni, avrebbero potuto «approfittare immediatamente della pace».

Si trattava di una posizione realistica che si traduceva nella richiesta al governo di agevolare le esportazioni italiane e varare provvedimenti utili per conquistare i mercati stranieri approfittando della circostanza che i tradizionali concorrenti erano in difficoltà. Il senso dell'articolo Dobbiamo prepararci alla lunga guerra, apparso il 30 settembre e firmato da Gustavo Possenti, era proprio questo: il «dovere dell'Italia» era di «tendere con ogni sforzo a triplicare l'attività nel campo della produzione». Il 19 ottobre, sempre in questa ottica, il giornale invocò provvedimenti e iniziative per ottenere «un utile sfruttamento economico dell'attuale stato di neutralità» così da preparare «una più vigorosa fioritura economica» per il futuro. Il Sole assunse, dunque, una posizione di «vigile neutralità» per favorire lo sviluppo economico.

Il 3 ottobre pubblicò un articolo dal titolo Neutralità vigile e strenuamente economica, nel quale sosteneva che le manifestazioni interventiste non erano «il portato di un ragionamento calmo e pratico» e auspicava la distensione degli animi: «se gli animi non sono tranquilli non è possibile un lavoro ordinato e proficuo, una azione attiva che valga a risollevare le condizioni economiche della nazione». L'ago della bussola che guidava il giornale era rivolto alla ricerca di tutto ciò che poteva servire a rafforzare l'economia, e in particolare l'industria, italiana. Per questo, una volta entrato il paese in guerra, Il Sole continuò a indicare, come aveva fatto durante i mesi della neutralità, la necessità di un sostegno allo sviluppo dell'industria e del commercio anche in vista del futuro postbellico.

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