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Il concorso di Cannes si apre con due film d'autore: «Sieranevada» e «Rester vertical»

Dopo l'apertura di Woody Allen con «Café Society», inserito fuori concorso, oggi al Festival di Cannes è stato il turno dei primi due film in lizza per la Palma d'oro: «Sieranevada» del rumeno Cristi Puiu e «Rester vertical» del francese Alain Guiraudie.
Il più riuscito è il primo, un interessante dramma familiare ambientato pochi giorni dopo l'attentato contro la redazione di Charlie Hebdo: protagonista è Lary, un medico quarantenne, che va a trascorrere una giornata insieme alla sua famiglia per commemorare la memoria di suo padre nel quarantennale della morte. Non tutto, però, andrà come previsto.

Mescolando il dramma pubblico (gli attentati terroristici) con quello privato (la riunione familiare in cui emergono verità rimaste nascoste per troppo tempo), Puiu firma un lungometraggio ricco di contenuti importanti, stratificato dal punto di vista narrativo e capace di far riflettere.

I personaggi sono ben scritti, a partire dal protagonista chiamato ad affrontare il suo passato, così come i dialoghi, toccanti e credibili al punto giusto.
Il regista punta su lunghi piani-sequenza, come dimostra anche il notevole incipit, e su conversazioni prolungate oltre misura: il risultato è realistico, ma allo spettatore è richiesta una forte dose di pazienza anche a causa dell'eccessiva durata (quasi tre ore).
Qualche guizzo in più non avrebbe guastato, ma complessivamente è un film intenso e capace di soddisfare gli appetiti degli spettatori più cinefili.

Ottimo il lavoro del cast, abile nell'assecondare nel modo migliore le scelte stilistiche dell'autore rumeno.
Un prodotto curioso è anche «Rester vertical» di Alain Guiraudie.
Al centro c'è un regista, Leo, che, mentre si trova nel Sud della Francia per alcune ricerche, s'imbatte in Marie, donna con due figli a carico, di cui s'innamora. Lei rimane incinta di lui, ma la depressione post parto le farà abbandonare sia il bambino che Leo. Così, per quest'ultimo, la vita si farà ancora più complicata.

Dopo aver stupito il Festival di Cannes 2013 con «Lo sconosciuto del lago», Guiraudie torna sulla Croisette con un film bizzarro, giocato più sulle suggestioni che su una sceneggiatura che, in questo caso, è praticamente inesistente.
Il regista francese ha talento visivo, ma la forza delle immagini è spesso sprecata da una serie di momenti volutamente sopra le righe e sconclusionati.
Il finale non è male, ma prima di arrivarci sono servite numerose sequenze di troppo, tendenzialmente vuote e piuttosto superficiali.

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