Cultura

Irresistibile Doctor Faustus

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LETTERATURA

Irresistibile Doctor Faustus

Quando apparve nel 1947, Doktor Faustus, travolgente per invenzione letteraria e di atroce realtà storica, incalzante come un implacabile meccanismo a orologeria, fu presto il vademecum di adolescenti e di studenti universitari. Ne derivò uno stato d’animo diffuso che la mediazione di un traduttore a noi amico e maestro, Ervino Pocar, contribuì a suscitare nei lettori italiani. Con amarezza, notavamo alcuni mesi or sono come i giovani italiani non leggano più Thomas Mann. Perciò sono più poveri. Ora esce, nella magnifica veste dei “Meridiani” di Mondadori, una nuova traduzione del romanzo, realizzata, per impulso di Renata Colorni, da un germanista di alta classe qual è Luca Crescenzi. Ci auguriamo che Lucifero, benefico protettore dell’intelligenza, della bellezza, delle arti, delle virtù civili e della libertà di giudizio, ci liberi dall’obbrobrioso nascere di opposte fazioni, pro-Pocar e pro-Crescenzi, e di concitati confronti. Leggendo Doktor Faustus nella traduzione di Pocar (1956), fummo investiti dall’onda di una vicenda nobile e paurosa, seducente e devastante. Cercammo notizie sulla figura storica di Johann Faust, nato forse a Knittlingen in Svevia (o a Roda, o a Helmstedt presso Heidelberg…) in un anno compreso tra il 1466 e il 1480, noto ai più come alchimista, sospettato di magia nera cui di fatto dedicò studi occulti all’Università di Heidelberg, implicato in terrificanti e innominabili esperimenti, morto probabilmente a Staufen im Freising nel 1540 o 1541, vittima di un’esplosione da lui incautamente provocata nel suo Studio.. e . ci coglie una forte emozione nello scrivere quella parola evocatrice di un luogo in cui vorremmo essere ora. Poi, la nostra lettura delle prime fonti scritte: Johann Spies, di Francoforte sul Meno, autore e stampatore nel 1587 della prima Cronaca faustiana che già nel titolo indica il rapporto con il Diavolo; Chistopher Marlowe, che un anno dopo, nel 1588, scrisse la terrificante Tragical History; e Goethe, Lessing, Klinger, Lenau, Grabbe che unì la sorte di Faust a quella di don Juan, e le versioni musicali, con predilezione per le Scenen di Schumann.

L’emozione di cui subito fummo grati a Pocar è ancora incancellabile. Poco dopo, mentre ancora eravamo all’Università, ci procurammo l’edizione tedesca e leggemmo il testo di Thomas Mann in originale. Ma ora, la traduzione di Crescenzi ci riporta a quella sfera di emozioni, e le inevitabili diversità testuali rispetto a Pocar sono direttamente proporzionali al rinnovarsi “diverso” ma non “estraneo” della scossa elettrica che ci investe quando ripercorriamo le paurose coesistenze tra la leggendaria vita universitaria tedesca e il patto con Samiel angelo del veleno; tra le conversazioni altamente intellettuali e d’incomparabile fascino e le tenebre sataniche che s’insinuano nelle composizioni musicali di Adrian Leverkühn (“Leverkühn”, colui che vive pericolosamente, notava Hans Mayer). Simili accostamenti suscitano scintille e generano abissi. La metafora principale e dai più assunta a chiave di lettura, l’infernale patto della Germania con Hitler, scivola in secondo piano.

La cultura, e la civiltà che ne consegue, sono fatte di traduzioni, di traduzioni delle traduzioni, di traduzioni di volta in volta diverse. Queste ultime, legittime e necessarie, non sono tali in quanto «adatte al mutar dei tempi e alla nostra epoca che non è più…», eccetera, sull’onda di simili stolide banalità. Sono necessarie e legittime poiché, semplicemente, il lavoro del traduttore è arduo e meraviglioso, e la civiltà è viva quando molti ne sono attratti, e su quel terreno impegnano le loro armi sfolgoranti: le conoscenze, l’intuito e la sensibilità linguistica affilati e aguzzati dalle conoscenze, l’intelligente visione della cultura (e dell’universo) aguzzata e affilata dall’intuito, e tutto questo illuminato e ravvivato da un esercizio d’arte perseguito durante tutta la vita. La traduzione di Crescenzi ha un altissimo significato culturale, ed è questo che conta. La traduzione di Pocar poco importa se sia “superabile” o “insuperabile”: anch’essa ha un altissimo significato. I nemici sono esterni, sono al di fuori dell’eccellente esercizio della letteratura: sono insediati sugli scranni, sui pulpiti, dietro odiosi sportelli e transenne. Due traduzioni che abbiano infuso, in epoche diverse, energia e nobiltà, non possono essere rivali, ed è ridicolo pensarlo. Possono essere soltanto alleate contro il nemico. Siamo stati commossi e moralmente irrobustiti dal finale del romanzo nella traduzione di Pocar: «Quando sorgerà dall’estrema disperazione, pari a un miracolo superiore a ogni fede, il nuovo crepuscolo di una speranza? Un uomo solitario giunge le mani e invoca: Dio sia clemente alle vostre povere anime, o amico, o patria! ». Oggi, la traduzione di Crescenzi duplica la commozione e il vigore della resistenza contro lo svigorimento dell’Occidente: «E quando un miracolo che va oltre la fede farà sì che la luce della speranza possa esser tratta dalla più estrema delle sciagure? Un uomo solitario giunge le mani e prega: Dio abbia misericordia delle vostre povere anime, amico mio, patria mia!». In una catena di generazioni, ogni nuova traduzione si rivela necessaria, ogni traduzione precedente conserva la propria necessità. Nei nostri scaffali, si è creato un irrinunciabile raddoppio.

Merito della nuova edizione è anche l’avere riunito in volume unico Doktor Faustus e, sempre nella traduzione di Crescenzi, Roman eines Romans, die Entstehung des «Doktor Faustus» (1949), già tradotto da Pocar e uscito per Mondadori nel 1952 (Romanzo di un romanzo, la genesi del «Doktor Faustus»). Altro confronto? Altra controversia?

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