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L’addio integrale di Rattle ai Berliner

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Musica

L’addio integrale di Rattle ai Berliner

Alla suntory hall. Simon Rattle, classe 1955
Alla suntory hall. Simon Rattle, classe 1955

Peccato che se ne vada, viene da dire uscendo dall’ultimo concerto a Tokyo, diretto da sir Simon Rattle alla testa dei suoi Berliner Philharmoniker: peccato proprio adesso. Perchè l’integrale delle Sinfonie di Beethoven, eseguite in cinque giorni serrati, con la meravigliosa sala della Suntory Hall sold out da mesi - prezzi alle stelle e i duemila del pubblico in delirio crescente - ha manifestato virtuosismo abbagliante, idee originali e quella perfetta fusione di podio e orchestra che ogni Maestro sogna. Fatta di empatia, dialogo fitto, gioiosa eccitazione.

Ma i contratti vanno rispettati. Dunque anche se questo è il momento della raccolta dei frutti più succosi, il direttore inglese lascia l’ammiraglia delle compagini tedesche, nome mitico nel mondo. Dal 2018 gli succederà Kirill Petrenko. Sir Simon è salito al trono nel 1999, succedendo ad Abbado, nome scomodo, presenza di continuo riferimento. Peraltro anche dialetticamente discusso, nei suoi anni di rivoluzione post-Karajan, diventato nume adorato dopo le dimissioni, nel ’98. Così succede a Berlino. E forse non solo lì.

Comunque Tokyo rimane. Rimarrà nella memoria delle tournée dell’orchestra, proprio perché emblema di un risultato interpretativo raggiunto sul totem delle Nove di Beethoven e proprio perché conquistato nella capitale del Giappone: furono i Berliner la prima formazione europea a varcare il muro delle sale del Paese del Sol Levante, negli anni Sessanta, in pieno clima di guerra fredda. E naturalmente avevano come comandante Karajan, icona per il pensiero musicale di questo Paese.

Si chiama Herbert von Karajan Platz (scritto con i caratteri del vecchio tedesco) la piazza antistante la Suntory Hall. È la prima delle sale da concerto moderne, a Tokyo, costruita 30 anni fa, ispirata alla Philharmonie di Berlino nella disposizione centripeta dell’orchestra, con platea dalla perfetta visibilità e varie grolle intorno, sospese come le terrazze dei vigneti (le chiamano così anche qui, nella terra del the). Ciascuna deve prendere al meglio il sole della musica. Ogni spettatore deve ricevere la sensazione di essere con gli altri, ma anche solo di fronte all’esecuzione. In un posto privilegiato.

«Questo pubblico ha reso indimenticabile per me e per i Berliner Philharmoniker i concerti che vi abbiamo presentato». Così diceva Rattle, dopo la Nona Sinfonia sul palcoscenico ormai vuoto (i musicisti tutti disciplinatamente usciti, inarrivabili per compostezza i cento del Coro del New National Theatre) quando nessuno in sala se ne voleva andare. Persino nella misurata educazione nipponica sembrava giusto manifestare un ringraziamento fatto di battimani spinto oltre il limite di tempo previsto. Rattle aveva ragione. Perché un’esecuzione tanto concentrata, sperimentale negli impasti e nei volumi, è possibile solo perché ha intorno un pubblico miracolosamente attento. Silenzioso, e non solo esternamente.

Il silenzio vivo è il requisito che cambia il passaggio della musica: il Giappone non possiede solo le sale acusticamente più belle, ma soprattutto l’ascolto più devoto. Non è un caso se per l’ultimo Beethoven con Rattle i Berliner abbiano scelto Tokyo. L’integrale era già stata presentata a Berlino, nel maggio di un anno fa (ed è in disco, registrata dal vivo, da quelle date), poi portata a New York, Parigi, Vienna. A Tokyo è andata la corona finale. Con accoppiamenti singolari, tra le Sinfonie: ad esempio con le due pari, Ottava e Sesta, in fa maggiore, nella stessa serata; oppure con Quarta e Settima, abbinate ed esaltate proprio nella scelta comune di matrici metriche classiche; o ancora con la Quinta, coi suoi battiti unitari del “ motto del destino” legati come emblema di energia positiva alla solarità della Seconda, preceduta dalla fiduciosa enfasi della Leonora n.1, la prima Ouverture per Fidelio.

Ma non stava solamente nella scelta delle coppie, la trama di pensiero sottesa alle nove Sinfonie. Rattle è sembrato nel complesso voler sottolineare il valore originale e la qualità drammatica delle Pari, quelle che solitamente vengono un po’ sminuite, apparendo come le sorelle minori, rispetto alle energiche Dispari. Con gesto controcorrente, il direttore ne stanava invece i tratti più originali e soprattutto sperimentali. Fatti di scelte meno vistose, perché consegnate più al misterioso disegno armonico che a quello appariscente del segno ritmico. Con il fondamentale apporto dei fiati. Però appunto, esaltate grazie all’acustica da Stradivari della Suntory Hall.

A proposito, piccolo dettaglio di cronaca, il violino imbracciato da una delle due spalle, il bravissimo Daishin Kashimoto, giapponese, era niente meno che uno Stradivari, in prestito dalla Nippon Music Foundation. E grande dettaglio, sempre di cronaca, per la tumultuosa Pastorale arrivava a sorpresa in sala la coppia imperiale. Fatto eccezionale in Giappone. Eppure stavano seduti in mezzo al pubblico, senza alcun blocco di traffico intorno. Anche questo, da imparare.

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