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Scespirianamente disumano

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teatro

Scespirianamente disumano

Non basta più un semplice titolo a dar nome ad uno spettacolo. Così Marco Baliani e Lella Costa cancellano la parola Human che pongono in testa al loro lavoro, tracciandoci sopra una riga nera (8 e 9 luglio al Teatro Alighieri).
Come a dire che le cose sono sempre più complicate nei nostri tempi, ogni concetto o pensiero mette in gioco la sua negazione, soprattutto tutto ciò che ha a che fare con l’individuo, da solo o in ogni minimo agglomerato sociale, chiamando immediatamente in causa il suo opposto, e dunque non c’è possibilità di ragionare sulla dimensione umana senza che la nostra mente, scartando da illusioni di più pacifiche convivenze, non si affolli di immagini dolorose, drammatiche quando non apocalittiche. Così, in linea con l’idealità della manifestazione, i due attori affrontano il tema più scottante di questi tempi, la migrazione, mettendoci dentro l’epica dei viaggi in fuga da Troia per fondare altre civiltà o il mito di Ero e Leandro, amanti divisi da un braccio di mare.

Ma questo non è che l’inizio di un percorso, accompagnato dalle musiche di Paolo Fresu, che poi si dipanerà in Italia e all’estero anche in sedi istituzionali, accumulando passo dopo passo materiali video, testimonianze, storie, suoni, voci, con il desiderio, come dichiarano i due artefici, di allontanarsi il più possibile da una dimensione consolatoria e puramente narrativa o espositiva della materia, e con la speranza di mettere a disagio il pubblico, di portare i segni più scomodi e dolenti di tante realtà vicinissime, ma comodamente confinate in qualche pagina di giornale o in qualche servizio televisivo, fino a quando queste non irrompono poi in modo più violento nelle nostre vite, provocando così odi e pregiudizi.

Insomma cronaca ed epica, quotidianità e storia si mescolano oramai inestricabilmente, soprattutto dopo l’accelerazione novecentesca o, se non altro, dal momento in cui la comunicazione su vasta scala ha allargato lo spettro narrativo e di suggestione degli avvenimenti. Lo dimostra il cronista sportivo Federico Buffa che da tempo ama presentarsi in palcoscenico per ricucire la memoria di grandi avvenimenti agonistici intrappolati, per qualche motivo, nelle maglie di una storia collettiva più complessa.

Così farà a Ravenna presentando la sua ricostruzione de Le Olimpiadi del 1936 (31 maggio Palasport Angelo Costa), quelle in cui proprio la possibilità di filmare gli eventi finì col rovesciare la prospettiva retorica nella quale la kermesse era stata congegnata, consegnandoci i fotogrammi realizzati da Leni Reifensthal che rendono immortali i trionfi di atleti neri come Jesse Owens in quegli stadi in cui si sarebbe dovuta consacrare la superiorità della razza ariana.

Allora, in questo quadro, può esserci posto anche per Shakespeare, il primo a mescolare piccole vicende e drammi eroici, a confondere la realtà del suo tempo con profili e accadimenti provenienti da epoche lontane, a muoversi tra angustie umane e vertigini filosofiche, trasformando tutto nell’immediatezza del gesto e della parola teatrale, e rivelando tra i primi, all’alba del Seicento, come sia difficile definire l’interiorità dell’individuo in modo netto, mostrandocelo contemporaneamente dalla parte della ragione o del torto, del bene o del male.

Allora saranno due attrici, Elena Bucci e Chiara Muti a costruire una Folia shakespeariana (22 giugno al Parco di Teodorico), un percorso che si snoda attraverso una serie di piccoli palcoscenici situati nel parco di Teodorico che, come nel Sogno di una notte di mezz’estate, si animerà di figure emerse dalle pagine di diverse opere del grande drammaturgo, con streghe e monarchi, maghi e spiritelli dell’aria, e con l’idea che tutto questo universo possa essere restituito da voci e corpi femminili, proprio quelli che nell’epoca in cui i drammi vennero composti, non avevano diritto ad apparire in scena, delegando ruoli e vesti di donne e giovanette ad attori imberbi dalla voce in falsetto. Creando così ulteriori moltiplicazioni della dimensione umana con le sue sottolineature, i suoi contrari, le sue cancellazioni.

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