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Gallino, antiquario degli Agnelli

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Arte

Gallino, antiquario degli Agnelli

Collezione Giancarlo Gallino. Neri di Bicci, «L’Arcangelo Raffaele con Tobiolo e Santi», 1475
Collezione Giancarlo Gallino. Neri di Bicci, «L’Arcangelo Raffaele con Tobiolo e Santi», 1475

Antiquario di fiducia di casa Agnelli nella Torino degli anni ’80, Giancarlo Gallino (1940-2011) era un mercante sui generis; al mestiere era arrivato dopo varie esperienze professionali: pittore, manager, direttore commerciale del Gruppo Finanziario Tessile, una grande azienda oggi non più attiva. Titolare della Galleria Antichi Maestri Pittori, aveva capito - con un’intelligenza davvero innovativa – che i collezionisti andavano formati ed educati. Fu tra i primi in Italia a collaborare con i migliori storici dell’arte della sua generazione e a non vendere mai opere prive di scheda tecnica-scientifica; realizzava mostre di livello museale, sempre accompagnate da cataloghi specializzati e nel 1993 ideò (complici Federico Zeri e l’avvocato Gianni Agnelli) la fiera biennale «Arte antica» al Lingotto, fortemente voluta e sponsorizzata dalla Città di Torino e dalla Fiat. All’epoca era meglio di Maastricht e non c’è più stato nulla di simile in Italia.

Gallino pensava in grande e promosse la riscoperta di scuole pittoriche regionali ritenute a lungo periferiche o minori, come la piemontese del Quattrocento, la lombarda del Cinquecento o la ligure del Seicento. Intorno ad artisti come Spanzotti, Gandolfino da Roreto, Defendente Ferrari e Macrino d’Alba, fece crescere una nuova generazione di collezionisti, mentre grazie a lui i musei torinesi si arricchivano di opere provenienti da raccolte storiche come quella di Baldassarre Ferrero.

Più arbitro che interprete del gusto, Gallino sapeva dialogare con le istituzioni e divenne un interlocutore privilegiato di musei, sovrintendenze e fondazione bancarie. Allo Stato italiano fece fare numerosi acquisti. Tra questi ricordiamo i due scomparti di Antonello da Messina entrati agli Uffizi nel 1996 (e recentemente riuniti al terzo pannello del Museo del Castello di Milano); la tavoletta con San Pietro martire e san Tommaso d’Aquino davanti al Crocefisso di Beato Angelico, il bozzetto in terracotta di Alessandro Algardi con l’Estasi di San Filippo Neri per l’altare della chiesa romana di Santa Maria in Vallicella e quello stupefacente di Canova per le Tre Grazie studiato da Hugh Honour, il massimo esperto di Neoclassicismo appena scomparso.

Gallino aveva occhio per i capolavori e da molti non riuscì mai a separarsi. Ora gli eredi li metteranno all’asta il prossimo 1° giugno, tramite la Wannenes di Genova (Piazza del Campetto 2; www.wannenesgroup.com), assieme a un nucleo di arredi e di dipinti antichi. Tra i primi si segnala un capitello figurato proveniente dalla terza loggia della Torre di Pisa; oggetto unico per fascino, provenienza e valore storico, è stimato 150.000-180.000€ e fu verosimilmente estratto durante i lavori di rinforzo ottocenteschi, assieme a un altro capitello identico per struttura, oggi al Museo dell’Opera del Duomo.

Tra i dipinti è una grande tavola quadrata, rutilante di ori e di policromia, eseguita a tempera all’uovo da Neri di Bicci (1419-1491) poco dopo il 1475. Raffigura l’Arcangelo Raffaele e Tobiolo affiancati da sei campioni della fede (tre apostoli e tre agostiniani): da sinistra verso destra riconosciamo Simone, Taddeo, Nicola da Tolentino, Agostino d’Ippona, sua mamma Monica e Giacomo il Maggiore. Al centro in basso della rappresentazione è dipinto a trompe l’oeil un tabernacolo con Gesù crocefisso sul calvario, tra la Vergine Maria e l’apostolo Giovanni, adorato da due angeli. La stima dell’opera, che esprime in modo straordinario il momento culminante della pittura fiorentina del Quattrocento, è di 400.000 – 600.000€.

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