Cultura

Il j’accuse degli amministrativisti

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Economia e Società

Il j’accuse degli amministrativisti

  • –di Sabino

Finalmente una trattazione di vero diritto amministrativo. I cultori di questa disciplina studiano di solito legislazione e giurisprudenza, nonché il sistema dei principi e dei concetti relativi all’amministrare. In questo libro – opera preziosa di un folto gruppo di giovani ricercatori guidati da Luisa Torchia - vi sono, invece, legislazione, giurisprudenza, principi e concetti come applicati concretamente nella “real life”; insomma, l’intersecazione tra diritto amministrativo, politica e società. Visti in questo modo, quelli che appaiono negli esami consueti edifici eleganti, dalle linee classiche, armoniose, come il chiostro del Bramante, si rivelano un ammasso di costruzioni, parte in rovina, parte cadenti, alcuni restaurati, pochi funzionanti, come l’oasi di Palmira dopo il passaggio delle truppe dell’Isis.

Sono esaminate in questo libro le attività amministrative relative al dissesto geologico, agli impianti energetici di riclassificazione e riconversione (da oli minerali a carbone), alle infrastrutture di telecomunicazioni, alle attività estrattive minerarie, agli impianti petroliferi e all’urbanistica. Vi si trovano i grandi problemi del diritto amministrativo: centro e periferia; politica e amministrazione; formale e informale; amministrazione-giudice.

Dall’analisi emergono: il ruolo importante delle collettività locali e del variare delle maggioranze politiche locali; la debolezza degli uffici pubblici; il peso dei giudici, sia quelli amministrativi, sia quelli penali; l’importanza del disegno legislativo; l’effetto ritardante degli interventi acceleratori e privatizzatori (da concessione ad autorizzazione); il ruolo determinante degli accordi compensativi (chiamati royalities, talora usate per pagare concerti rock - in realtà taglie); la politicizzazione, cioè la lotta politica che si sposta sul piano dell’attività amministrativa; l’assenza di procedure di consultazione pubblica; le divergenze amministrative anche tra amministrazioni di cura dello stesso interesse a livello diverso; la carenza di addestramento nelle amministrazioni; l’uso distorto degli strumenti amministrativi, compresi semplificazione e conferenza dei servizi; il peso non solo della valutazione d’impatto ambientale, ma anche delle prescrizioni e negoziazioni relative, nonché della verifica dell’ottemperanza alle prescrizioni; le autorizzazioni uniche che non lo sono.

Il libro contiene lezioni per il legislatore, per l’amministrazione, per il giudice amministrativo e per il giudice penale. In sintesi, questi sono gli insegnamenti che si traggono dall’analisi: il conflitto degli interessi pubblici (produttivi e protettivi) è il prodotto della mancata indicazione legislativa dell’interesse guida che deve prevalere; l’emergenza e la straordinarietà sono il più delle volte inutili o anche controproducenti; l’amministrazione non ha tecnici (basti pensare agli appalti su progettazione preliminare) ed è impaurita dalla Corte dei Conti e dal giudice penale; la conferenza dei servizi è spesso mezzo per non decidere o per rallentare e i casi di rimessione al Presidente del Consiglio dei Ministri sono pochi e spesso inutili (di qui il fallimento degli istituti della semplificazione); il giudice amministrativo è strumentalizzato da ogni lato e non è sempre una guida sicura; il giudice penale produce un effetto di blocco senza aver tutti gli strumenti per decisioni complesse.

Insomma, questo libro è un documentato atto di accusa. Ma – aggiungo io – lo è non solo di legislatori, esecutivi e giudiziari del passato, ma anche di studiosi e riformatori. Mi chiedo, infatti, se non sarebbe compito degli studiosi di diritto amministrativo abbandonare anche per poco i loro eleganti pensamenti, ad esempio gli eterei, sfiniti dialoghi sulla legge relativa al procedimento amministrativo, per constatare invece quanto essa sia realmente applicata (alcune regioni ne ignorano interi capitoli).

Si ripropone il dilemma: possono convivere una scienza sofisticata del diritto amministrativo con una pratica rudimentale o fallimentare dello stesso? Non si deve pensare che una parte delle responsabilità dello stato della seconda stia anche nei difetti nascosti della prima?

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