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La fede nell’era della scienza

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Religione

La fede nell’era della scienza

Figure allegoriche. Gentile da Fabriano (attribuito), «La Musica», Foligno, Palazzo Trinci
Figure allegoriche. Gentile da Fabriano (attribuito), «La Musica», Foligno, Palazzo Trinci

«Cara, chi oserà / dire: “Io credo in Dio”? / Puoi domandare a preti o a sapienti / e la risposta sembrerà prendere in giro / chi ha fatto la domanda». L’imponente avventura che propone il teologo Giuseppe Tanzella-Nitti sembra sfidare lo scetticismo del Faust di Goethe che abbiamo evocato. Come dice il titolo dei due primi tomi, capaci di totalizzare 1500 pagine (ma se ne promettono altrettante in altri due volumi), il tema della ricerca è appunto la “credibilità” del cristianesimo, una credibilità non appesa alla mera adesione fiduciale – pur rilevante e per molti versi decisiva come ultimo gradino dell’ascesa al Dio trascendente – ma sostenuta anche dalla stessa razionalità. Anzi, ad essere coinvolto è soprattutto un settore specifico di questa razionalità.

Infatti l’intera tetralogia promessa dall’autore è rubricata sotto una titolatura generale sorprendente: «Teologia fondamentale in contesto scientifico». Tanzella-Nitti ha, infatti, alle spalle un passato di astronomo e la sua bibliografia comprende anche lavori di radioastronomia e astronomia extragalattica. Intendiamoci subito: la sua intenzione non è certo quella di erigere un sistema teologico a partire dalle istanze della scienza. Si tratterebbe, infatti, di un evidente svarione epistemologico, consapevoli come siamo – rispetto a certi concordismi e confusioni del passato – che si tratta di metodi e magisteri differenti: quello scientifico dedicato alla scena fisica dell’essere, il teologico votato a identificarne il fondamento metafisico.

Il teologo Tanzella-Nitti sta, perciò, coi piedi ben piantati nel suo territorio che è quello appunto della teologia fondamentale, destinata a “fondare” in modo coerente il credere cristiano. Non per nulla egli non esita a ricorrere anche a un vocabolo un po’ obsoleto, “apologia”, che rimanda a un discorso di difesa ma non con la spada impugnata nei confronti delle diverse prospettive o visioni della realtà cosmica e umana. La sua è, invece, un’articolata (ed è per questo che il discorso esige un’espansione così maestosa e monumentale) attestazione della credibilità del messaggio cristiano tenendo conto del fatto che l’orizzonte conoscitivo, culturale e persino sociale odierno è profondamente segnato dal sapere scientifico e tecnologico. Non per nulla Tanzella-Nitti è anche l’artefice di un Centro di Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede (disf.org) e di una Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca Interdisciplinare (sisri.it).

Ricorrendo alla metafora musicale escogitata da un noto teologo tedesco, Josef Pieper (1904-1997), per definire il rapporto tra filosofia e teologia, egli parla di una sorta di “contrappunto” tra la ragione scientifica e la fede, applicando alla ricerca teologica l’arte di far coesistere due linee melodiche differenti, senza che entrino in distonia, anzi, generino alla fine “sinfonia”. Perciò, «prestare attenzione a quanto la razionalità filosofica o scientifica può suggerire, o talvolta apertamente mostrare, non vuol dire obbligarsi ad assumere la forma di ragionare dell’altro, ma ascoltare con intelligenza le sue ragioni». Questo programma, adottato dal teologo, dovrebbe in modo parallelo essere assunto anche dallo scienziato. La tentazione da esorcizzare è, quindi, quella dell’autoreferenzialità esclusiva ed escludente.

Naturalmente abbiamo semplificato un discorso metodologico molto più complesso e da crinale tagliente, ove è facile scivolare sull’uno o sull’altro versante. Per l’eventuale nostro lettore “laico” risulta, allora, particolarmente importante il primo tomo che propone una grandiosa cavalcata storica, a partire dagli approcci apologetici degli scrittori cristiani dei primi secoli per procedere lungo l’arcobaleno variegato dei molteplici progetti per convalidare la credibilità della fede cristiana. A questo proposito vorrei solo estrapolare un capitoletto che mi ha sorpreso. Nella sezione dedicata all’«apologetica moderna nel contesto della ragione scientifica», inaugurata ovviamente da Pascal, viene fatto emergere un sacerdote scienziato ormai dimenticato ma in passato molto popolare e acclamato.

Si tratta di un mio conterraneo, il lecchese Antonio Stoppani (1824-1891), il primo a marcare il rilievo esercitato dall’uomo sulle modificazioni dell’ambiente e del clima, tanto da coniare il termine Antropozoica per la nostra era geologica, anticipazione dell’attuale definizione di Antropocene. La sua figura mi accompagnò quando diressi la Biblioteca Ambrosiana di Milano, ove egli aveva rivestito la carica di “custode” del catalogo tra il 1856 e il 1861 e ove erano pervenuti successivamente molti suoi manoscritti e documenti, tanto da far sì che troneggiasse in una sala di quell’istituzione anche un suo busto bronzeo, opera dello scultore Giuseppe Mozzanica. Sostenitore di Rosmini, egli si era dedicato, in modo originale, proprio al dialogo tra scienza e fede, tant’è vero che Tanzella-Nitti riserva particolare attenzione a un suo saggio del 1884 emblematicamente titolato Il dogma e le scienze positive.

L’istanza del “contrappunto” non è, dunque, del tutto inedita, anche se non sempre condotta, in passato e ancor oggi, con quella finezza e sensibilità che è possibile ora a un teologo che è stato anche scienziato. Proprio per questo, sempre al mio ideale lettore “laico”, propongo un’analisi mirata della prima sezione del primo volume di Tanzella-Nitti ove egli, con limpidità anche di dettato, delinea la fisionomia della teologia fondamentale che non teme di essere “apologia” nel senso sopra indicato, capace quindi di collocarsi nel contesto contemporaneo marcato dalla conoscenza scientifica. Certo, questa impostazione, che è il filo conduttore dell’intera sequenza dei volumi già editi e di quelli in via di pubblicazione, vale anche e soprattutto per il cristiano. Egli può e dev’essere consapevole che «la riflessione teologico-fondamentale è chiamata anche oggi a favorire che, nella coscienza dei credenti, la fede possa trovarsi a proprio agio in ogni ambito del sapere, senza rifugiarsi negli spazi di un malinteso spiritualismo oppure defluire verso ciò che alla ragione sembra non più appartenere».

Dopo il vasto tracciato storico del primo volume, si apre l’itinerario analitico del cuore stesso del messaggio cristiano, dall’auto-testimonianza di Dio all’accesso storico a Gesù di Nazaret, alla sua parola e azione, fino alla sua risurrezione incuneata tra fede e storia: è il percorso che propone il secondo tomo, sempre tenendo come guida il “contrappunto” col contesto socio-culturale contemporaneo, in particolare col pensiero scientifico. È così che affiorano questioni capitali, come la collocazione della creazione dell’uomo e della rivelazione divina in una prospettiva cosmico-evolutiva, oppure la connessione tra azione divina e natura nel contesto epistemologico delle scienze naturali (in pratica la compatibilità o meno del miracolo), o ancora lo sguardo aperto sul futuro, cioè sulle realtà ultime, sia da parte della scienza sia secondo la visione dell’escatologia cristiana...

Abbiamo iniziato smentendo la provocazione di Goethe, vogliamo concludere ritenendo che Tanzella-Nitti desideri con la sua opera travalicare anche il pessimismo di Kafka che all’amico Gustav Janouch diceva: «Chi possiede la fede non la può definire e chi non la possiede non può definirla perché gli manca la grazia. Il credente, quindi, non può e il miscredente non dovrebbe parlarne».

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