La morte, alla soglia dei novant’anni, di Hugh Honour, che se ne è andato a mezzanotte di giovedì 19 maggio nella sua amatissima residenza di Tofori nei colli lucchesi là dove vanno a sconfinare con il territorio di Pescia, non è stato un evento inatteso per gli amici, visto che già da alcuni anni la sua energia invidiabile era andata progressivamente abbandonandolo. Con lui scompare non solo uno dei massimi storici dell’arte del Novecento, ma anche un personaggio straordinario, forse l’ultimo testimone di quella tradizione di aristocratici, amatori e intellettuali anglosassoni che avevano alimentato il mito del Grand Tour. Come Harold Acton, Berenson, John Pope-Hennessy, che ha avuto occasione di frequentare da vicino, Honour aveva scelto il nostro paese come una patria ideale dove alla dolcezza di vivere, a contatto con un paesaggio ancora incontaminato ma carico di storia, si unissero l' atmosfera e lo slancio per riflettere sugli infiniti aspetti in cui la bellezza si è manifestata nei luoghi e nel tempo. La sua vita, a ripercorrerla adesso, riflette una vocazione e una curiosità cosmopolite che sino all’ultimo non sono mai venute meno e che hanno costituito la sua singolarità.
Nato a Eastbourne nel Sussex, si era specializzato in storia dell’arte al St. Catharine’s College di Cambridge dove aveva incontrato uno studioso, di otto anni più vecchio, e altrettanto eccentrico nell’esplorare nuovi orizzonti intellettuali, destinato a diventare il compagno e il collaboratore di una vita, sino alla sua scomparsa avvenuta nel 2001. L’unico legame che Hugh, uomo infinitamente libero nelle sue scelte, ha avuto con le istituzioni è durato un solo anno, quando nel 1953 aveva accettato il ruolo di direttore aggiunto della City Art Gallery di Leeds, un museo che ha di speciale alcuni bei dipinti preraffaelliti e una celebre Venere di Canova. Di questa breve esperienza deve essergli probabilmente rimasta la passione per il grande scultore destinato a diventare, a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta e per sempre, uno degli argomenti prediletti e forse quello principale dei suoi studi. Allora comunque il richiamo più forte fu quello di John e dell’Italia, per cui abbandonata Leeds raggiungeva nel 1955 l’amico che a Lerici era l’assistente dello scrittore di successo, punta di diamante del Times Literary Supplement, Percy Lubbock diventato ormai cieco. Nel Golfo dei poeti, dove ancora alleggiava la leggendaria presenza di Byron, di Percy e Mary Shelley, la splendida villa «Gli Scafari» - che Lubbock si era fatto progettare da Cecil Pinsent, il grande architetto specializzato in giardini all’italiana utilizzato da Berenson per la sua mitica residenza fiesolana «I Tatti» – rappresentò per lui il magnifico inizio del sogno italiano destinato a cambiare presto scenario. Nel 1957 Hugh e John richiamati lì da Freya Stark, la popolare esploratrice e saggista, scelsero un altro luogo inimitabile e forse ancora più ricco di suggestioni storiche: Asolo, inscastonata in quei colli che avevano visto visto risuonare alla corte della regina Cornaro i dialoghi amorosi di Bembo, poi nell’Ottocento estetizzante i versi di Robert Browning (Asolando) e nel secolo successivo le angosce della Duse e le musiche di Malipiero (Poemi asolani).
Ma non era ancora la meta definitiva che nel 1960 diventò Lucca dove scovarono nella Villa Marchiò di Tofori, circondata da un romantico e un po’ scaruffato giardino al centro di un territorio agricolo assolutamente intatto anche dal punto di vista panoramico, la casa della vita che sarà progressivamente affollata di oggetti squisiti e soprattutto di libri con cui alimentare un’attività davvero innarrestabile destinata a lasciare un segno indelebile nella storia dell’arte. Riuscirono comunque ad unire l’assidua frequentazione nella vicina Firenze dell’Istituto Germanico con le continue trasferte a Londra, dove tuffarsi tra gli archivi e i volumi del British Museum e del Warburg Institute. Questo continuo aggiornamento alimentò un percorso davvero unico che li vide divisi tra la consulenza editoriale e i loro libri. Furono infatti incaricati da Allen Lane, il creatore dei famosi Penguin Books conosciuto ad Asolo, di creare una collana Style and Civilisation di saggi destinati a diventare dei classici che includerà il Manierismo di Shearman, il Gotico di Handerson, il Realismo della Nochlin e nel 1968 il Neoclassicismo di Honour che, ripetutamente ripubblicato anche in edizione italiana da Einaudi (che è stato l’altro suo grande editore) riportava nella giusta prospettiva un periodo sottovalutato, come avverrà del resto per la riconsiderazione di Canova che avrà proprio nei suoi studi, portati avanti sino agli ultimi anni, la tappa più importante.
All’attività per Penguin vanno ricondotte le imprese che hanno assegnato a Fleming e Honour una fama mondiale, come i due Dizionari dedicati all’architettura (1972) e alle arti decorative (1977) e soprattutto quella ineguagliata, per sintesi e chiarezza divulgativa, A World history of Art, nella quale hanno avuto la capacità di spiegare al grande pubblico, senza venir meno alla qualità scientifica, la storia dell’arte dai suoi albori al presente in una prospettiva globale, senza tracurare nessuna area geografica. Apparsa nel 1982, è arrivata alla settima edizione e si è diffusa in tutto il mondo, Cina compresa. Per molti anni, sino alla scomparsa di John, Hugh ha continuato viaggiare con il suo compagno, soprattutto in Oriente, per aggiornare quest’opera straordinaria, di cui, fatta eccezione per una vecchia ed introvabile traduzione pubblicata da Laterza, non esiste una versione italiana disponibile. Sul versante di studi più specialistici, ma condotti sempre sia per quanto riguarda il metodo che il linguaggio con una chiarezza e una piacevolezza che li rendono comprensibili a tutti, vanno ricordati, a dimostrazione della versatilità che lo ha contraddistinto i volumi dedicati a Horace Walpole (1957), all’esplorazione dell’universo incanto della Chinoiserie settecentesca (1961), l’incantevole Companion Guide to Venice (1965), cui va ricollegato il raffinato saggio del 1991, dove ritornava la collaborazione con John, The Venetian Hours of Henry James, Whistler and Sargent, e il Romanticismo prosecuzione ideale nel 1979 di quel Neoclassicismo che forse rimane la sua opera più nota presso i lettori italiani. L’atmosfera di quell’amata stagione artistica, Hugh e John potevano ritrovarla nella vicina Villa Reale di Marlia dove erano spesso ospiti - con altri amici come Haskell, Pope-Hennessy, Penny, Gonzalez-Palacios - delle sorelle Pecci Blunt, che avevano riportato all’antico splendore quella che era stata la residenza prediletta di Elisa Bonaparte, quando fu duchessa di Lucca.
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