Un Don Chisciotte, al via al Pim Off di Milano, si intitola Jentu - vento nel dialetto salentino - e riduce i suoi protagonisti a una coppia entro uno spazio spoglio e niveo, ove si prolungano ombre azzurre. La pièce, di Stefano Mazzotta, cofondatore del gruppo Zerogrammi e qui coreografo-interprete (idealmente l’hidalgo) con Chiara Guglielmi (di volta in volta Sancho Panza e Dulcinea), non lascia trapelare nulla dell’epoca del gran libro del Cervantes, semmai ne trasferisce, in un tempo sospeso, tensioni e anticonformismo.
Ispirato anche ai versi di un Don Chisciotte di Nazim Hikmet, poeta turco, questo Jentu ha inizio e si conclude dietro i vetri di una finestra appesa nel vuoto, e al lume di candela. Dapprincipio due volti osservano la pioggia cadere davanti a loro tra angoscia, stupore e curiosità; nel finale, sono gli occhi femminili a scrutare con dolore la dipartita del compagno mentre scorre lontano come le gocce d’acqua dell’incipit. In mezzo si dispiega un racconto a tappe, composto da una potente gesticolazione e da larghi passi danzanti, quasi tesi e protesi ad elastico da quella finestra, luogo d’incontri e partenze.
L’hidalgo/Mazzotta, in cappotto, ha deciso di restare; nella sua contagiosa discorsività di busto e mani, c’è il disegno di forme ideali, la testarda ossessione, quasi un ticchettio, di un malinteso o di un conflitto; il bisogno di farsi toccare nei punti scoperti del collo, delle braccia per sentirsi reale. Il vento, che se lo porta via, si traduce presto in una danza a due indaffarata e di proposito inconcludente: prese, rotazioni, contatti, unisono, sussulti a terra sopra una musica soprattutto per piano dell’islandese Ólafur Arnalds, dolce e ripetitiva. E poi ancora corse in tondo e a perdifiato di un Sancho femminile: nutrito dal furente spirito del loco Don, lo sprona con ansimanti e sussurrati dai, vai, dai per poi lasciarsi cavalcare come un assurdo Ronzinante felice.
C’è anche un nuovo affaccio alla finestra e un ennesimo tentativo di fuga trattenuto da sciarpa e cappotto, prima che esploda un ballo d’amore. Lei diventa Dulcinea, lui le si avvinghia addosso. Nulla vale, però, quanto il fallimento beckettiano di ogni impresa e l’agire insensato; l’hidalgo è un anti-eroe, combatte contro illusioni, glorie e potere mondani. Jantu nella sua forma rotonda e compiuta riesce a raccontare tutto ciò con poesia: più forte negli svolazzi dei gesti e delle espressioni dei due bravi interpreti, e nella danza bizzarra e figurativa che non nelle purezze d’insieme, talvolta meno originali.
© Riproduzione riservata