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Chisciotte alla finestra

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Musica

Chisciotte alla finestra

Sospeso. «Jentu» di Stefano Mazzotta  (foto di Alberto Calcinai)
Sospeso. «Jentu» di Stefano Mazzotta (foto di Alberto Calcinai)

Un Don Chisciotte, al via al Pim Off di Milano, si intitola Jentu - vento nel dialetto salentino - e riduce i suoi protagonisti a una coppia entro uno spazio spoglio e niveo, ove si prolungano ombre azzurre. La pièce, di Stefano Mazzotta, cofondatore del gruppo Zerogrammi e qui coreografo-interprete (idealmente l’hidalgo) con Chiara Guglielmi (di volta in volta Sancho Panza e Dulcinea), non lascia trapelare nulla dell’epoca del gran libro del Cervantes, semmai ne trasferisce, in un tempo sospeso, tensioni e anticonformismo.

Ispirato anche ai versi di un Don Chisciotte di Nazim Hikmet, poeta turco, questo Jentu ha inizio e si conclude dietro i vetri di una finestra appesa nel vuoto, e al lume di candela. Dapprincipio due volti osservano la pioggia cadere davanti a loro tra angoscia, stupore e curiosità; nel finale, sono gli occhi femminili a scrutare con dolore la dipartita del compagno mentre scorre lontano come le gocce d’acqua dell’incipit. In mezzo si dispiega un racconto a tappe, composto da una potente gesticolazione e da larghi passi danzanti, quasi tesi e protesi ad elastico da quella finestra, luogo d’incontri e partenze.

L’hidalgo/Mazzotta, in cappotto, ha deciso di restare; nella sua contagiosa discorsività di busto e mani, c’è il disegno di forme ideali, la testarda ossessione, quasi un ticchettio, di un malinteso o di un conflitto; il bisogno di farsi toccare nei punti scoperti del collo, delle braccia per sentirsi reale. Il vento, che se lo porta via, si traduce presto in una danza a due indaffarata e di proposito inconcludente: prese, rotazioni, contatti, unisono, sussulti a terra sopra una musica soprattutto per piano dell’islandese Ólafur Arnalds, dolce e ripetitiva. E poi ancora corse in tondo e a perdifiato di un Sancho femminile: nutrito dal furente spirito del loco Don, lo sprona con ansimanti e sussurrati dai, vai, dai per poi lasciarsi cavalcare come un assurdo Ronzinante felice.

C’è anche un nuovo affaccio alla finestra e un ennesimo tentativo di fuga trattenuto da sciarpa e cappotto, prima che esploda un ballo d’amore. Lei diventa Dulcinea, lui le si avvinghia addosso. Nulla vale, però, quanto il fallimento beckettiano di ogni impresa e l’agire insensato; l’hidalgo è un anti-eroe, combatte contro illusioni, glorie e potere mondani. Jantu nella sua forma rotonda e compiuta riesce a raccontare tutto ciò con poesia: più forte negli svolazzi dei gesti e delle espressioni dei due bravi interpreti, e nella danza bizzarra e figurativa che non nelle purezze d’insieme, talvolta meno originali.

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