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Sofia Coppola «Traviata» senza genio

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Musica

Sofia Coppola «Traviata» senza genio

  • –di Carla Moreni
Glamour. I vestiti della «Traviata» sono di Valentino
Glamour. I vestiti della «Traviata» sono di Valentino

Già al debutto nel 1853 furono un problema i costumi di Traviata. E Verdi li accusò come colpevoli - pur non i soli - del fiasco. Perché come si veste una traviata? All’Opera di Roma hanno risolto il problema scommettendo sul glamour: non che di solito circolino male abbigliate le Traviate. Ma questa con quattro abiti firmati Valentino effettivamente è speciale. Abbagliante nello strascico nero e smeraldo del primo atto, fluttuante sui gradini di una pericolosa scala in discesa; tenera nel taglio da Pierrot del secondo, candido, finto casto nei veli trasparenti; esplosiva nel rosso fuoco della festa da Flora, bombata dietro come una mongolfiera, appariscente, elegantissima, mentre tutti gli altri sono in nero. Una tela di Velasquez, nel fermo immagine del secondo atto, prima che si chiuda il sipario, grazie alle luci magistrali di Vinicio Cheli.

Francesca Dotto, ventisette anni, porta questi impegnativi meravigliosi baldacchini come una modella. E canta anche bene, una volta superata l’ansia da colorature e acuto del “Sempre libera”. Recita con pathos il quadro in campagna (una serra con voliera e vasi cinesi, nella scena sontuosa di Nathan Crowley) e anzi, si immedesima tanto bene nel confronto con Germont, che ancora una volta conferma la vera intesa, forte, nell’opera. I padri si mangiano i figli, e il Germont di Roberto Frontali fa sparire l’Alfredo corretto ma insapore di Antonio Poli.

Autentico verdiano, privo di quelle gigionerie, vezzi e cascami che rendono insopportabile il ruolo, il baritono sfoggia perfetta teatralità: asciutto (ma col ritornello nella Cabaletta, l’unico in questa Traviata), con timbro e scolpitura della parola che riempiono la sala. Pazienza se per un attimo scambia “le tue pene”, con “le mie pene”, nella sarabanda di lacrime del “Sento nell’anima” con Violetta sacrificata: Verdi, che adorava Mozart, avrebbe sorriso. Ci vorrebbe invece qualche lezione coi vecchi maestri di direzione per Jader Bignamini, giovane oggi sugli scudi ma che riesce a rendere fiacchi e slentati gli aguzzi accompagnamenti. Forse non crede in quest’opera, dal momento che ne evita le frenesie e la disperazione. Difficile immaginare un suono d’orchestra tanto indifferente nel “Dite alla giovine”. E poi, che mano sinistra bizzarra: quel roteare del braccio, di tipo viabilistico più che musicale, e lo “stop” a palmo aperto, indirizzato verso i musicisti... Non esiste un codice univoco, sul podio, ma uno stile sì. Esattamente come esistono idee, nel linguaggio della regia, che nella Traviata di Sofia Coppola, debuttante all’opera, non abbiamo colto. Per chi però fosse stanco di Traviatissime (diciassette repliche, la gente fuori col cartello “cerco biglietto”) l’Opera di Roma offre in alternativa in questi giorni “FFF”, primo festival di teatro contemporaneo. Da non perdere, il 7 e 9 giugno, la Proserpine di Wolfgang Rihm.

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