Cultura

Ma a lasciarci è stato Cassius Clay

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Storia

Ma a lasciarci è stato Cassius Clay

  • –di Maurizio Maggiani

Mi dispiace perché non è giusto e non è corretto e è mancanza di rispetto, ma a morire è stato Cassius Clay non Muhammad Alì. Non parlo per tutti, ma per noi, cinque non di più che siamo rimasti e ci siamo sentiti stamattina per telefono, telefoni e numeri che è un pezzo che non val la pena di cambiare visto che siamo ancora tutti vivi, chi più chi meno si intende, e va bene così, perché un tempo eravamo in dieci, conto pari, ma uno è morto, un altro è sprofondato in una galera, un altro in un SERT, e poi c’è chi è sparito e basta.

Dicevo che ci siamo sentiti per dire che Cassius Clay è morto, come se fosse morto uno che non è nessuno e si deve passare la parola tra amici; ci siamo sentiti, che per l’appunto lo facciamo ogni morte di papa, e naturalmente a nessuno è venuto in mente di dire hai sentito che è morto Muhammad Alì? Era Cassius Clay quando eravamo in dieci conto pari, ragazzi di paese come fratelli, come cugini, e ci chiamavamo compagni, e eravamo attaccati con la colla, e ci sembrava di fare la rivoluzione, e eravamo sempre contenti come pasque perché era facile fare la rivoluzione, bastava fare casino cercando di stare attenti alla prospettiva. Cassius Clay era quella roba lì, e lo amavamo più di Rosa Luxemburg che oltretutto era una bellissima. Anche lui era bello e più di tutto era bello il suo nome Cassius. Certo che è un nome da schiavo negro, ma era bello proprio per questo. Cassius è come dire Spartacus. Cassius non è la redenzione, Cassius è la rivolta. Cassius non è il ritorno, Cassius è l’addio. Cassius non è una faccenda che si mette a posto, Cassius è il tremendo della storia che non si sa come andrà a finire.

E certo che eravamo tutti e dieci, anche se già un po’ ammaccati, chi più chi meno si intende, a prendere una notte intera e a metterla nel conto dell’ultima battaglia di Spartacus, Spartacus come nei film di Maciste sempre in trasferta, quella volta a Kinshasa, ma dov’è di preciso? C’eravamo ancora tutti quanti e ci sgolavamo con i neri di laggiù. «Ali boma ye, Alì boma ye, Alì boma ye». Che vuol dire: fatti coraggio, fatti coraggio, fatti coraggio. Così capivamo noi, così era meglio che fosse, visto che avevamo ancora bisogno di vedere un uomo bello e coraggioso cercare di non morire anche questa volta, nonostante capissimo bene che tutto quanto il bello della nostra gioventù stava per andare a ramengo. Infatti era il 1974 e non c’era da aspettare troppo.

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