
Si chiamava Li Bai ma in Occidente è conosciuto come Li Po. Di lui basterà dire che è tra i sommi poeti della Dinastia Tang e di tutta la letteratura cinese. Sovente viene chiamato “immortale”; quasi sempre è posto accanto a Du Fu e Bai Juyi, altri grandi di una stagione aurea della cultura del Celeste Impero. Di lui proprio Du Fu scrisse: “ Le sue pennellate impauriscono vento e pioggia,/ le sue poesie fanno piangere spiriti e demoni”.
Anche nelle culture europee è amato. Le prime versioni uscirono in francese in un'antologia di poesia epica Tang (618-907), curata nel 1862 dal marchese Léon d'Hervey de Saint-Denys, che sarà tradotta anche in tedesco e in inglese; grazie ad essa lo ritroviamo in una composizione di Gustav Mahler (“Das Lied von der Erde”), quindi sarà caro a Ezra Pound, come prova la sua antologia “Cathay”. In Italia si comincia a conoscerlo grazie a una raccolta di suoi versi del 1930 (allora era scritto Li Puo), pubblicata da Ludovico Nicola di Giura, medico militare e traduttore di talento. Poi, nel 1961, nei “Millenni” Einaudi fu la volta de “Le trecento poesie T'ang”, a cura di Martin Benedikter. Ma qui il discorso si amplia e non possiamo offrire una bibliografia completa di Li Bai.
Aggiungiamo soltanto che esce finalmente in italiano una vasta raccolta dei versi di Li Bai curata da Pietro De Laurentis, dell'Orientale di Napoli, pubblicata dalle Edizioni Ariele (pp. 416, euro 29) e condotta con criteri filologici, attenta alle complessità che pone il cinese. Il titolo di questo libro, che si sofferma anche sulla vita e sulla produzione letteraria di questo grande, offrendo altresì un glossario e un'appendice che approfondisce metodi e criteri di traduzione, è “Li Bai. L'uomo, il poeta”.
Perché parlare di questo autore quando le questioni sulla Cina sembrano altre? Forse proprio per meglio conoscere l'anima di un popolo che si riflette nei versi di Li Bai, uomo che sa essere allo stesso tempo ebbro e ascetico, che sa vedere il mondo con occhi brillanti di felicità e contemporaneamente riesce a comunicare intimità e decadenza. Un poeta medievale che spiega molte cose che si celano nei miracoli o nelle crisi di una terra immensa e fascinosa, i cui figli sono giunti in tutti gli angoli del mondo.
Che aggiungere se non qualche suo verso? Scrive Li Bai quasi strizzando l'occhio a coloro che credono di essere eterni e non sanno staccarsi dalle cose: “Senza accorgermene, è passata la giovinezza/ mi rammarico solo del verde profumo cessato./ Vanamente colmo di nobili aspirazioni il cuore mio,/ da qui in avanti per sempre lascerò le torri del palazzo imperiale”.
© Riproduzione riservata