
Romanzo polifonico, dalla coralità sferzata di continuo da folate di vento, Maria di Ísili, edito da Giunti, è il libro d’esordio del cagliaritano Cristian Mannu. Dieci le voci narranti, le più significative al femminile, impegnate a ricordare Maria Piga; prima bambina «bellixedda, non andava ancora alle elementari quando la mamma è uscita fuori di testa. Mischinedda, aveva cinque anni...e occhi così azzurri che non si capiva da dove erano usciti, che il babbo ce li aveva neri più del camino sporco di fuliggine e la mamma non lo sapevi proprio di colore ce li aveva», poi adolescente intrepida, tessitrice dalle mani fatate, sognatrice allergica alla morale comune e avventata sovvertitrice dei Diktat familiari e delle imposizioni arcaiche che regolano il quotidiano del paese di Ísili.
Per lei sarà fatale l’incontro con Antonio Lorrai, impenitente ramaio girovago, che ha violentato e poi sposato la sorella Evelina. L’ancora adolescente protagonista del romanzo, seguendo il proprio istinto e l’infatuazione amorosa, fuggirà con il cognato abbandonando per sempre la famiglia che la ripudia, con la madre che sceglierà il giorno della sua partenza per morire suicida. «Dalle mie parti c’è sempre stato vento. Vento possente e intrigante. Vento che fruga e che rende impazienti. Vento che sembra salire da un lontanissimo mare a levigare le pietre e spezzare famiglie e rami di alberi forti. Ma se la tua faccia non ha mai preso schiaffi sull’altopiano di Nurri, non puoi capirmi. E non puoi capire come si sente l’avena selvatica di Mandas a maggio, quando ondeggia alta e verde e irrequieta come oggi».
Cadenze e ritmi vorticanti, ondulazioni dense, spesso intrise di campidanese («barroso», «arrevescia», «ta dannu», «trassara», «che d’ero»), sono la costante linguistica della prosa di questo libro che, pur con alcune ingenuità, ha l’indiscutibile pregio di fissare una Sardegna, quella del mitico Gigi Riva degli anni settanta, che va perdendo sempre più la propria fierezza i dentitaria. Ad alzarsi su tutto è comunque il monito del narratore alla sua terra: «La Sardegna è già morta, fidati è morta e non lo ha ancora capito», perché «dopo che il Cagliari ha vinto quello scudetto hanno finito di colonizzarci per bene, avevano già inventato la Costa Smeralda, e gli alberghi di lusso e le spiagge tutte uguali, e avevano anche già pensato bene di avvelenare la nostra terra con il fumo delle ciminiere, e poi le hanno richiuse tutte e ci hanno lasciato senza lavoro e senza più terreni da coltivare, e neanche le pecore sappiamo più portare al pascolo». E mentre Maria ha sfidato tutti per rincorrere l’amore, la sua Sardegna soffoca per anni e anni di sbagliate politiche clientelari e di conformismi soffocanti che Mannu, classe 1977, delinea con la pazienza indomita dei sardi d’un tempo.
Cristian Mannu, Maria di Ísili , Giunti, Firenze, pagg. 148, € 14
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