Cultura

Kermesse «Unlimited»

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basilea / Art basel

Kermesse «Unlimited»

  • –di Pia Capelli

Duecentottantasei gallerie. Ottantotto megainstallazioni. Diciannove tappe di arte pubblica fuori dalla fiera. Scambi per centinaia di milioni di euro. Art Basel ha sempre puntato sui grandi numeri, e a volte fa alzare le sopracciglia quando dichiara di essere una piattaforma culturale, ma è innegabile che negli anni la fiera svizzera si stia trasformando in un’evento che sconfina dal puro mercato - un po’ perché può permetterselo e un po’ perché i giovani osservatori di oggi sono i collezionisti di domani.

Dal 13 giugno Basilea diventa per una settimana una gigantesca galleria d’arte moderna e contemporanea, che mette insieme opere appena uscite dagli studi degli artisti (è sempre più normale che vengano prodotti dei lavori appositamente per la fiera), pezzi storici, installazioni site-specific, rassegne di film, conversazioni tra artisti e curatori, premi, presentazioni e mostre retrospettive. Un universo punteggiato dai “satelliti” delle fiere collaterali, alcune delle quali a ingresso libero, che bilanciano i pezzi da novanta della fiera centrale con proposte di giovani artisti: Volta, Scope, Liste, The Solo Project, Photo Basel - e naturalmente la “sorella” Miami Basel Design.

Per prima, già domani (lunedì) inaugura la sezione Unlimited di Art Basel, curata da Gianni Jetzer dell’Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington. Nei 16mila metri quadri collegati alla fiera vera e propria, gli 88 lavori di dimensioni museali (ma nessun museo al mondo potrebbe mai ospitarli tutti insieme) saranno probabilmente l’esperienza più memorabile per gli oltre 90mila visitatori previsti.

Tra gli artisti scelti, che sono spesso presentati da più di una galleria perché si tratta di produzioni (per così dire) hollywoodiane, ci sono Ai Weiwei, Kader Attia, Pablo Bronstein, Elmgreen & Dragset, Tracey Emin, Isa Genzken, Dan Graham, Mike Kelley, William Kentridge, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Paul McCarthy, Pamela Rosenkranz, Martha Rosler, Frank Stella, James Turrell e Emilio Isgrò. L’elusivo El Anatsui, di cui di solito è difficile vedere più di un pezzo alla volta, presenta Gli (Wall) del 2010, cinque grandi arazzi fatti di materiali riciclati, che creano un ambiente contemplativo. Stan Douglas ricostruisce non solo un luogo leggendario, il Columbia 30th Street Studio di Manhattan, ma l'atmosfera degli anni Settanta, con una sessione live di musicisti che dura diverse ore. La Mimed Sculpture di Davide Balula invece è silenziosa, una performance di mimi che simulano la presenza invisibile di sculture storiche - la proposta di “pezzi” del genere ad Unlimited è sempre anche motivo di grandi discussioni sul reale mercato (e valore) della performance.

Total Recall di Gretchen Bender (del 1987) è una videoinstallazione su 24 schermi, che mira a stordire i sensi. Il belga Hans Op de Beeck ha concepito per l’occasione The Collector’s House: un ambiente monocromo e fiabesco, carico di sculture, quadri, mobili e libri pietrificati, dentro cui avventurarsi. Lo Zoom Pavilion di Rafael Lozano-Hemmer usa una tecnologia di riconoscimento facciale per costruire una mappa del movimento dei visitatori nello spazio. Make a Salad di Alison Knowles ripropone, 54 anni anni dopo il suo debutto, la preparazione di un'insalata collettiva. Le Six Columns di John McCracken, in controtendenza, non fanno assolutamente niente: sono sei colonne monumentali, nere, una Stonehenge minimalista.

Fuori dalla fiera c’è Parcours, un itinerario di 19 installazioni site-specific attraverso Münsterhügel, il cuore della Basilea storica: curato da Samuel Leuenberger, culminerà sabato 18 in una notte di performance, proiezioni e opere interattive di Anne Imhof, Eva Kot’átková, Pádraic Moore, Tracey Rose, Mathilde Rosier. Tra i lavori “fermi”, il Labyrinth di Sam Durant (un grande recinto costruito dall’artista insieme ai carcerati della Graterford State Prison di Philadelphia), il monumentale Effondrement: Arcs di Bernard Venet (un “detrito” di archi d’acciaio apparentemente abbandonati uno sopra l’altro), e sedici grandi sculture realizzate da Hans Josephsohn tra il 1951 e il 2006. E il percorso prosegue tra il Birsigstunnel, le antiche fogne della città, il Museum of Culture, il Marionettentheater, il lungoReno e le strade del centro, con video collocati dentro i negozi e opere “mimetizzate” tra gli oggetti, come le biciclette abbandonate di Michael Dean (vediamo chi le trova).

I musei della città offrono mostre dedicate alla scultura (Kunstmuseum, nel nuovissimo edificio progettato da Christ & Gantenbein), al curioso accostamento Alexander Calder - Fischli & Weiss (Fondazione Beyeler), a Michael Landy (Museo Tinguely) e ai tessuti-design di Alexander Girard (Vitra Design Museum).

E in fiera? Intanto bisogna entrare, e anche i vip aspettano: il martedì mattina le porte si aprono solo per quelli muniti della tessera First Choice (anche se molti dei lavori più costosi vengono opzionati prima ancora di entrare negli stand). Nel pomeriggio si entra con la vip card “normale”. Il mercoledì è il “VIP opening day two”, e per allora gli affari più clamorosi saranno già stati fatti.

Il pubblico che entra il giovedì si trova perciò davanti a opere che già appartengono a musei, fondazioni e grandi collezioni private - o a stand interamente riallestiti con lavori ancora disponibili. I prezzi vanno dai pochimila euro, di solito nella sezione Editions dedicata ai multipli, ai molti milioni di quei lavori che sono già, o stanno per diventare, status-symbol.

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