Cultura

Il titanismo dello schivo contabile

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gajto gazdanov

Il titanismo dello schivo contabile

  • –di Marta Morazzoni

Ci sono persone (rare in verità) convinte di dover occupare poco spazio nel mondo: è il caso di Pierre Fauré, un qualunque uomo onesto, protagonista del romanzo di Gazdanov Ritrovarsi a Parigi. Ambientato negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, richiamata da alcuni flash back essenziali alla vicenda, il romanzo si concentra sul punto di cesura nella vita di un individuo solo, restio a legare con i suoi simili, pur possedendo una intensa sensibilità. Una potenzialità inespressa, perché la piega che ha preso la sua vita gli ha chiuso certe porte, per esempio quella dello studio della medicina, a cui gli piace ancora immaginare di essere adatto, ma senza lacerazioni e rancori per lo stato delle cose, che lo vede bravo contabile in una ditta a Parigi, un rigoroso abitudinario tra i tanti.

Poi una vacanza nel Midi, a casa di un amico, in un luogo selvatico in cui gli agi del XX secolo non sono arrivati, lo mette di fronte a una sconvolgente realtà: l’incontro con una donna a mezzo tra condizione umana e animale, una demente dallo sguardo vuoto che vive della carità dei contadini, incapace di comunicazione, di linguaggio, atona: meno di un cane randagio o di una bestia selvatica.

Prendersi cura di lei, portandola nel proprio appartamento a Parigi, diventa la folle missione del protagonista, determinato a capire cosa stia dietro lo sgomento di questa vita vegetativa, dietro questo sguardo senz’anima. Le tappe del percorso che il romanzo racconta a tratti potrebbero ricordare L’enfant sauvage, il magnifico film di Truffaut di russoviana ispirazione, ma mentre nel film è il rigore scientifico di un medico del XVIII secolo a governare il progetto di recupero di un bambino abbandonato a se stesso nella primissima infanzia e cresciuto come un animale tra gli animali, in Pierre è una sorta di passione e compassione finalmente incanalata a un fine a indurlo alla lotta contro lo snaturarsi di un essere umano.

Il romanzo corre sul filo di un tacito titanismo, inquadra con lucidità la condizione di Pierre, la storia delusa della sua famiglia, il legame intenso con la madre, e legge come un richiamo inatteso ad una vocazione (termine qui più che mai adeguato) l’incontro con Marie, la demente. Nell’evoluzione di questo percorso si aprono riflessioni etiche, analisi e giudizi che investono la fisionomia del cosiddetto uomo medio, parte di un grigiume sociale a cui, secondo alcuni sociologi, competono aspirazioni mediocri e omologate, un modello umano che la seconda metà del XX secolo sembra consacrare nel quadro senza sfondo della piccola borghesia. Dentro questa cornice la storia di Pierre e Marie diventa il paradigma di una improbabile diversità. Gazdanov, scrittore osseta, fuggito dalla Russia della rivoluzione e vissuto a Parigi, dove è morto nel 1971, racconta la storia dell’antieroe Pierre assecondando il tono minore del personaggio, narra a bassa voce l’avventura di un uomo qualunque a fronte di un enigma nascosto nella natura di un Midi selvatico.

È interessante il gioco di riflessi tra scienza e istinto su cui la trama è costruita, e affascina il contatto tra normalità e anomalia, disegnato in controluce da una scrittura limpida, e infine illuminato dalla spiegazione dei fatti: una logica nelle cose c’è sempre, sta all’apertura della mente e del cuore coglierla.

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