Cultura

La realtà come emergenza etica

  • Abbonati
  • Accedi
realismo / 2

La realtà come emergenza etica

  • –di Anna Li Vigni

Aristotele utilizza due metafore per spiegare il fenomeno della percezione e del formarsi del pensiero. La prima è quella del sigillo che imprime una figura nella cera: ovvero le sensazioni imprimono nell’anima l’essenza di ciò che viene percepito. Si tratta di un atto di iscrizione su una tabula. La seconda è quella del soldato che, mentre fugge insieme al suo esercito in rotta, si arresta, provocando la frenata inattesa di chi corre dietro di lui: ovvero dopo un lungo sedimentarsi di impressioni sensibili, l’anima prende coscienza e, intenzionalmente, frena il flusso di sensazioni e ne crea concetti astratti e categorie.

Due immagini che ci dicono due cose importanti. Che alla base della realtà v’è la registrazione e dunque la memoria: una memoria che è innanzitutto materiale, come evidenziato dai crateri rilasciati dall’urto di meteoriti, o dalle cicatrici indelebili impresse sulla pelle. E che v’è continuità tra la passività della percezione e l’attività del pensiero: è dall’iterazione passiva delle percezioni di eventi esterni a noi che scaturisce in noi l’attività del pensiero. Il pensiero e i suoi significati nascono dalla realtà materiale: succedono, non precedono, gli eventi della realtà con cui interagiamo.

Questo il tema centrale del saggio di Maurizio Ferraris, Emergenza. Un piccolo straordinario libro, che affronta la grande Questione: l’ontologia. Ed elabora una teoria ontologica che diviene poi epistemologica, quindi etica e infine drammaticamente politica. Il titolo gioca sull’ironica ambiguità del termine: l’emergenza evoca l’urgente necessità della filosofia contemporanea di fare i conti con la Realtà; ma emergenza è anche la definizione di ciò che “emerge”, cioè il venire a essere degli individui e degli eventi reali. «Il genere di questo libro è speculativo. Nel mio vocabolario, come in quello della maggior parte dei miei contemporanei, non è un complimento. Ma non sono sicuro che di ciò di cui non si può parlare si debba tacere». Di cosa non può tacere Ferraris? Della diffusa confusione tra ontologia ed epistemologia, retaggio dell’idealismo trascendentale di kantiana memoria, mai scomparso dall’orizzonte filosofico al punto da influenzare sia la filosofia analitica sia, e soprattutto, il pensiero postmoderno.

L’ontologia riguarda la realtà, la cui essenza è del tutto indipendente da noi. L’epistemologia riguarda invece ciò che sappiamo della realtà, il che non dovrebbe avere alcun influsso sull’essenza stessa della realtà. Ma purtroppo, una delle più diffuse forme di «fallacia trascendentale», il costruttivismo, insiste nel ritenere che sia il pensiero a dare significato al mondo e non, come sarebbe giusto, il contrario: sicché, ad esempio, senza possedere lo schema concettuale di dinosauro, non riusciremmo a vedere un dinosauro se mai ne avessimo uno di fronte.

Una simile concezione anti-realistica del mondo si basa su quello che Ferraris definisce «significato pentecostale», secondo il quale sarebbe l’Io penso – un pensiero scorporato, immateriale, calato dall’alto - a formare il mondo: una visione a dir poco tracotante, che fa dell’essere umano una divinità capace, con la sola potenza del logos, di chiamare a essere le cose. Secondo una più umile, e umana, visione «emergenziale», invece, la realtà è tutt’altro che frutto del nostro pensiero: essa ci precede e continua a esserci dopo di noi, a prescindere dal fatto che la si conosca. Essa ci resiste e costituisce per noi un attrito perenne.

Gli individui reali che la compongono – altri esseri umani, gatti, virus, tavoli, oppure oggetti sociali come denaro, matrimoni, ecc. – hanno tutti le stesse caratteristiche: ognuno di essi è esterno a noi, inemendabile, e il suo interagire con noi è irrevocabile. In Emergenza si trovano ampliati temi già ferrarisiani quali la registrazione, la documentalità, la mobilitazione. L’evoluzione viene letta come un lento e lunghissimo processo di «registrazione, iterazione e alterazione»: basti pensare al DNA, a come esso si fondi su un’iscrizione, e a come la sua alterazione dipenda dall’iterazione di alcune modifiche imposte alla specie a partire da un singolo individuo.

Anche la realtà sociale umana è frutto di un lungo sedimentarsi di registrazioni che hanno formalizzato in vivere civile comportamenti animali perpetratisi per decine di migliaia di anni. Dalle pitture rupestri di Lascaux agli algoritmi del web, è la tecnologia la forma umana che ha trasformato in significato l’esperienza del mondo (da qui la doppia valenza del termine “senso”, inteso sia come sensibilità sia come significazione); ed è la tecnologia lo strumento, fatto principalmente di registrazioni, che trasmette le regole del vivere. Non è vero - così Ferraris – che la tecnologia aliena l’uomo: al contrario, rivela l’uomo a se stesso, ne rivela la vera natura, che non è pura e virtuosa – come vorrebbe l’idealismo – bensì è una natura costituita da individui deboli, sottomessi, disposti a farsi mobilitare dal potere.

L’immagine di una società fondata sull’intenzionalità collettiva e sulla cooperazione è edulcorata e falsificante della vera realtà antropologica: l’uomo che si dispone alla servitù volontaria ed è sempre pronto al conflitto. Per questo l’emergenza tecnologica contemporanea, il Web, diviene una rivelazione della condizione attuale dell’umanità occidentale, servilmente mobilitata.

Tuttavia permane una speranza. Esiste un margine di libertà, per i singoli individui, ed è quello di scegliere intenzionalmente di cambiare rotta rispetto alle consuetudini imposte e accettate; è l’arrestarsi del soldato che fa sbaragliare l’esercito.

Si tratta di «azioni esemplari» isolate, la cui forza potrebbe indurre gli altri all’imitazione e quindi – a lungo andare – anche al cambiamento dell’intero sistema. La scelta morale deve essere una reazione pratica individuale all’emergenza di eventi reali, e non la disquisizione teorica di idee fini a se stesse. L’emergenza non è solo ontologica, è anche e soprattutto etica. Per cambiare la realtà, è dalla realtà che bisogna partire.

© Riproduzione riservata