Cultura

4/6 Gomorra/Contro 1 - Il complesso di Forrest Gump

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    crime fiction

    «Gomorra» sì, «Gomorra» no. Tre punti a favore e tre contro la seconda stagione

    Ascolti alla mano è indiscutibilmente il caso televisivo dell'annata 2015/2016. Si è chiusa ieri sera la seconda stagione di «Gomorra. La serie», coproduzione di Sky e Cattleya ispirata al bestseller di Roberto Saviano, per la firma di Stefano Sollima, ideale erede della grande tradizione italiana del cinema di genere. La sensazione è che si tratti di un buon prodotto - come già la prima stagione – che avrebbe potuto essere addirittura migliore. Mettiamo allora in fila tre cose che ci hanno convinto e tre cose che ci hanno lasciati perplessi. Nella consapevolezza che far bene si può, far meglio si deve.

    4/6 Gomorra/Contro 1 - Il complesso di Forrest Gump

    Ne abbiamo già parlato altrove: la seconda stagione di «Gomorra. La serie» deve aver scontato una certa ansia di prestazione da parte degli sceneggiatori. Che hanno inteso metterci dentro tanto, troppo, tutto: dal femminicidio alla strage di Duisburg (spostata a Colonia), dal «Green Inferno» dei Narcos alla violenza sui bambini, fino alla liberazione sessuale postmoderna della camorrista Scianel che, alla nona puntata, brandisce un aureo dildo alato come fosse un microfono. Può succedere, quando le aspettative sono tante e allora ti parte la penna. E il risultato finale è una sorta di particolarissimo complesso di Forrest Gump applicato al crimine organizzato, un «quando è successo lui c'era» alla lunga fastidioso. Un pizzico di equilibrio in più non avrebbe guastato.

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