Cultura

Testimonianza di conversione

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KARL BARTH (1886-1968)

Testimonianza di conversione

Il racconto diretto di sé, attraverso l’intervista o lo scritto confidenziale, rappresenta la migliore via d’accesso per conoscere una persona e il suo pensiero. È questa la prima sorpresa che si registra leggendo le Ultime testimonianze” di Karl Barth, il teologo e pastore riformato svizzero-tedesco che, insieme ai cattolici Romano Guardini e Hans Urs von Balthasar e pochi altri, appartiene ai giganti della teologia del Novecento. Gli scritti raccolti nel volume postumo Ultime testimonianze, finora inedito in Italia, consentono a chi non lo conoscesse di avvicinarsi alla sua opera con più chiavi di lettura e a chi lo ha studiato di cogliere sfumature e passaggi rivelatori di un uomo che si è sempre considerato in cammino. Si tratta di brevi scritti per trasmissioni radiofoniche, per conferenze che però hanno al centro un rigore e una chiarezza stupefacenti. Non si sottraggono neppure dal formulare giudizi severi sulla conversione e sul cammino ecumenico. Stupiscono, ad esempio, i rimproveri alle rigidità delle chiese evangeliche e gli apprezzamenti verso i cambiamenti della chiesa cattolica. In particolare il saggio Mettersi in cammino, convertirsi, professare la fede svela un appassionato desiderio di unità che si può costruire ripercorrendo l’esperienza dell’Esodo, quel partire autorevolmente guidati a un destino che infonde sicurezza negli uomini, fiducia nel futuro e fa recuperare la fede originaria. Riletto ora, presenta aspetti di attualità impressionante: sembra incontrare risposte nei passi compiuti dal papato verso il protestantesimo e preparare l’incontro di Lund in Svezia dove il 31 ottobre papa Francesco parteciperà alle celebrazioni dei 500 anni della Riforma protestante di Martin Lutero.

Di Barth si ricorda sempre L’Epistola ai Romani (Feltrinelli) che lo ha reso famoso e ha dato una svolta agli studi teologici. Dio viene presentato come il “totalmente Altro”. L'uomo è riletto nella sua dimensione esistenziale con la morte e il peccato che lo contraddistinguono, dai quali si può riscattare solo recuperando la dimensione religiosa e soprattutto la fede della quale scrive: «È il rispetto dell’incognito divino, è la conversione. La fede non è mai compiuta, mai data, mai assicurata, è sempre e sempre di nuovo, dal punto di vista della psicologia, il salto nell’incerto, nell’oscuro, nel vuoto. La fede è sempre l’inizio, la presupposizione, il fondamento».

Le Ultime testimonianze - per come coinvolgono il lettore nella professione di fede in Cristo e per come l’autore racconta il proprio percorso intellettuale e di conversione - hanno la forza di riaprire l’interesse per Barth che ha, in questo momento storico-religioso di diffusa frammentazione, ancora molto da dire sull’unità, il dogma, l'esistenzialismo religioso.

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