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Un patto europeo della scienza

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LA RICERCA COME FABBRICA DEL FUTURO

Un patto europeo della scienza

Illustrazione di Guido Scarabottolo
Illustrazione di Guido Scarabottolo

«Pongo in votazione l’articolo 29-bis proposto dagli onorevoli Firrao, Colonnetti e Nobile: La Repubblica promuove la ricerca scientifica e la sperimentazione tecnica e ne incoraggia lo sviluppo». Così recitano gli Atti dell’Assemblea Costituente nella seduta plenaria del 30 aprile 1947 durante la quale fu introdotto uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione che risulterà all’articolo 9 nel testo definitivo.

Giuseppe Firrao era un ingegnere napoletano mentre Umberto Nobile, ingegnere anch’egli e generale del Corpo del Genio Aeronautico, era il famoso esploratore del Polo Nord. Gustavo Colonnetti, laurea in ingegneria e matematica, docente universitario e presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) dal 1944 al 1956, era stato proclamato eletto nel collegio di Torino proprio nel giugno di settanta anni fa. Membro dell’Accademia dei Lincei e dell’Accademia Pontificia delle Scienze, antesignano della Scienza delle costruzioni, e autore del «secondo principio di reciprocità», teorema che porta il suo nome e che spiega le tensioni interne di un corpo elastico, nel 1922, a soli trentasei anni,

Colonnetti era stato nominato Direttore del Regio Politecnico di Torino. Dopo tre anni, ne era stato tuttavia allontanato perché non aveva aderito al partito fascista. Esule in Svizzera, Colonnetti aveva poi istituito il Campo Universitario Italiano di Vevey (Losanna) e una volta tornato in Italia, fu convinto e concreto sostenitore di come scienza e tecnologia siano risorse fondamentali per l’innovazione, lo sviluppo industriale e la ricchezza economica di un Paese. Nei primi anni Sessanta, ormai in pensione ma comunque impegnato in alcuni importanti progetti come quelli di stabilizzazione della Torre di Pisa e di sollevamento dei templi di Abu Simbel in Egitto, continuò a testimoniare attivamente quello che era stato il suo programma da Presidente del Cnr. A proposito di una sua fondamentale iniziativa per lo sviluppo della metrologia nazionale avrebbe a tal proposito scritto: «L’Istituto Dinamometrico Italiano, sorto nel 1955 per iniziativa del Cnr e col valido concorso della FIAT, ha fra i suoi scopi quello di servire l’industria nazionale offrendole ogni possibilità di perfezionamento delle tecniche più moderne».

È di tutta evidenza che quella strategia vincente di sinergia tra università, ricerca pubblica e industria è validissima ancor oggi, con la chiara precondizione che alla base di tutto il progresso resta «...quell’insaziabile imperativo dello spirito che è teso verso la conquista di sempre nuovi orizzonti», per usare le parole di Firrao nell’illustrazione dell’emendamento alla redigenda Costituzione, anche a nome di Nobile e Colonnetti. La spinta fondamentale risiede cioè nella curiosità e, nella gran parte dei casi, la distinzione tra ricerca fondamentale e applicata risulta artificiosa e sicuramente contingente: la ricerca può essere solo di buona o cattiva qualità mentre «di nessuna ricerca scientifica, anche la più astratta in apparenza, può a priori affermarsi che essa non avrà nel tempo alcun riflesso sull’economia e sulla produzione», dice ancora Firrao nel ’47 e continua «... non possiamo ancora prevedere le conseguenze che, nel pensiero scientifico di domani, avrà il principio di Eisenberg e a quali risultanze tecniche la interpretazione statistica della meccanica potrà condurci». Parla cioè di quella “astratta” meccanica quantistica che puntualmente avrebbe poi portato alla rivoluzione del laser e del transistor e che oggi ci fa concretamente lavorare alla realizzazione di reti di calcolo e comunicazione infinitamente più potenti nonché a nuove tecnologie per la «fabbrica del futuro».

Chiedevano i padri costituenti di assicurare strumenti «all’intelletto della nostra gente»: il tema è sempre centrale, irrinunciabile, e va coniugato insieme a quelli altrettanto fondamentali della libertà della ricerca e della necessità di operare scelte competitive e meritocratiche, in special modo rivolte ai giovani che per natura sono curiosi e inclini all’interdisciplinarità. Quest’ultimo aspetto, di cui è intriso il Cnr, consente lo sviluppo di scienze nuove come fu per la genetica. Nel suo intervento all’Assemblea del 18 aprile 1947, Colonnetti raccontava proprio di «...quando, alcuni mesi orsono, nella mia veste di Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ho dovuto nominare un Direttore del centro di Biologia istituito a Napoli...», preoccupandosi altresì di fugare il timore di eventuali conflitti che potessero essere generati dalla nascita di nuove discipline, quelle biologiche e della genetica in particolare, nonchè dai dilemmi potenziali derivanti dalle loro applicazioni. Certamente, come dice Colonnetti, la ricerca va «potenziata e piegata a beneficio degli uomini».

La scienza opera altresì in una costante e naturale competizione internazionale e anche in questo gli strumenti politici hanno un ruolo primario: non a caso nella Costituente Colonnetti era componente della Commissione per i trattati internazionali. Quella di contribuire all’internazionalizzazione della ricerca scientifica è una vocazione connaturata al Cnr e fondamento della sua storia, anche grazie alle idee lungimiranti di straordinari organizzatori di scienza come Colonnetti. Si tratta di una visione di drammatica importanza particolarmente oggi, quando la costruzione di uno spazio culturale senza frontiere – una delle grandi conseguenze positive dell’unità europea – non può che risiedere anche nell’aspirazione a sottoscrivere un vero e proprio Science Compact dell’Unione, ovvero un Patto della Scienza europea finalizzato a un maggiore e migliore coordinamento delle attività, alla definizione di una governance condivisa e allo sviluppo di reti e infrastrutture europee cui destinare quote crescenti di bilancio UE.

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