Cultura

L’allegra Notte di Abbado

  • Abbonati
  • Accedi
valencia

L’allegra Notte di Abbado

Niente paella, è fuori moda: oggi si va a Valencia per ascoltare il debutto di A Midsummer Night’s Dream di Britten e per visitare la Città delle Arti e delle Scienze, l’acropoli gigantesca di Santiago Calatrava. Candida e multiforme, attrazione per grandi e piccini, favorisce il turismo e i voli aerei, strapieni. Cuore tra i templi è il Palau de les Arts, audace teatro a forma di elmo, dall’architettura spaziale. Ottimo per acustica e visibilità, festeggia i primi dieci anni di vita. A partire dalla stagione che si chiude in questi giorni ha voluto alla guida un nuovo team, tutto italiano: Roberto Abbado direttore principale, Fabio Biondi per la musica antica e Davide Livermore sovrintendente e direttore artistico.

A Midsummer Night’s Dream, capolavoro del 1960 del compositore inglese, ispirato a Shakespeare, a Valencia non era mai stato rappresentato. Ma nemmeno Abbado lo aveva mai diretto. Il doppio debutto, felicissimo, è siglato dalla regia di Paul Curran, che firma anche scene e coreografie, e che di questo titolo è uno specialista. Alle 19, quando si alza il sipario, fuori è ancora caldo africano, con luce accecante da estate piena. Forse per lenire questo contrasto, seduti nella grande sala dai toni blu, lo spettacolo in scena è già in corso mentre il pubblico entra. E tra lo spaccato di colonne greche, si chiudono le transenne ai visitatori, gli addetti alle pulizie lentamente si accingono ai lavori, uno addirittura (beffardo) ne approfitta per far pipì, in un angolo.

Il tocco realistico rende ancor più forte il contrasto con l’ingresso della musica: le luci si abbassano e sul mantice dell’orchestra ci si ritrova immersi nella pura magia delle tre ore di musica del Sogno.

Roberto Abbado ne restituisce un’interpretazione originale, avvincente: capillare e analitica, nella esaltazione dei mille dettagli scintillanti dell’orchestrazione, scattante ma anche fortemente espressiva, costantemente in ascolto delle suggestioni melodiche del linguaggio di Britten, innamorato della voce. Stupenda, è la resa tangibile del personaggio del Bosco, timbricamente pregnante: grazie agli affondi degli archi (quasi tutti dell’Europa dell’Est) e grazie al fraseggio sensibile, ne percepiamo il respiro, l’ironia, la costante presenza ad avvolgere le fantastiche avventure degli umani.

I tre gruppi dei protagonisti hanno linguaggi drammatici spiccati: Oberon e Titania, gli ottimi Christopher Lowrey, astrale controtenore, e Nadine Sierra, regale, sono circondati dalle vere voci bianche dei bambini di una scuola dal nome lunghissimo (Escolania de la Mare de Déu dels Desemparats) preparati da Luis Garrido. Ángel Valdevira Boudet, il “niño” che scatena i mille accadimenti notturni, compie sei anni giusto il giorno della recita, ma nell’abito da piccolo principe indiano, coi costumi esotici di Gabriella Ingram, sembra un attore consumato. Perfetto il quartetto mozartiano dei giovani innamorati, Mark Milhofer, Dan Kempson, Nozomi Kato e Leah Partridge, bravi e belli, fino a osare il canto quasi spogliati. Nel manipolo degli attori dilettanti brilla il Bottom esilarante di Conal Coad, stuzzicato da un guizzante Puck, Chris Agius Darmanin.

Compunto e attento, all’inizio il pubblico spagnolo non sa che qui si può, anzi si deve, ridere. Quando se ne accorge, perché il teatro e la musica sono più forti dell’etichetta, nessuno li frena più. Non serve nemmeno leggere i display col libretto, rigorosamente in valenciano. E l’ultimo atto è una festa, con applausi finali calorosissimi, tutti in piedi, entusiasti. Il grande elmo di Calatrava diventa involucro di sogni.

© Riproduzione riservata