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La finanza vista da vicino

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il romanzo dei banchieri italiani

La finanza vista da vicino

Steve Carrell nel film di  Adam Mc Kay  sulla crisi finanziaria del 2008
Steve Carrell nel film di Adam Mc Kay sulla crisi finanziaria del 2008

Confesso di aver esitato a intraprendere la lettura delle circa 500 pagine di Sabbie Mobili. Esiste un banchiere perbene? di Fabio Innocenzi. Un romanzo di azione o un saggio sulla finanza etica? Niente di tutto questo. È la storia autobiografica di un banchiere di successo lungo gli ultimi trent’anni della storia economica e finanziaria del nostro Paese. È solo un caso che l’autore, della mia stessa generazione, abbia anche lui mosso i primi passi della carriera al Credito Italiano. La «banca in doppiopetto grigio», come era soprannominato l’istituto guidato dal mitico Lucio Rondelli, è all’epoca una banca pubblica.

Io, da poco laureato alla Federico II di Napoli, affronto una dura gavetta venendo destinato ad attività di “sportello” in alcune agenzie della città. Innocenzi, che si è laureato alla Bocconi di Milano, viene proiettato all’Ufficio studi del Credit, unità che di lì a poco sarà affidata alla sapiente guida di Pietro Modiano. A metà degli anni 80 la finanza in Italia è ancora a uno stadio infantile. I fondi di investimento sono appena comparsi sulla scena e faticano ad affermarsi. Gli italiani non rinunciano facilmente agli amati BoT e agli strumenti più tradizionali del risparmio. Ricordo ancora le signore anziane venire allo sportello alla fine dell’anno col loro libretto al portatore e chiedere la liquidazione degli interessi: perché gli interessi li volevano vedere materialmente non percepirli come entità astratta.

Ma i tempi stanno per cambiare repentinamente. La svolta avviene nel ’92 con la svalutazione della lira e il governo Amato. Bisogna salvare il Paese dal disastro dopo un ventennio di spesa pubblica allegra che ha fatto crescere il debito fin sopra il 100% del Pil. Si avviano, tra le altre cose, le privatizzazioni delle banche pubbliche e tra queste il Credito italiano, che vedrà presto l’avvento di Alessandro Profumo. È la svolta, forse inconsapevole, anche per Modiano e i suoi boys, che dagli studi vengono dirottati all’asset management, attività già sviluppata all’estero ma del tutto nuova per le banche italiane. Innocenzi si forma dunque come gestore di portafogli. Il suo inizio è nella finanza e il successo più importante è l’acquisizione di Pioneer, società con sede a Boston.

Da lì inizia una carriera tutta in crescendo, segnata purtroppo da una disavventura. La grande occasione arriva nel 2001 con la Popolare di Verona di Carlo Fratta Pasini, che gli offrirà il posto di amministratore delegato. Innocenzi fa presto a trasformarsi da gestore di fondi in banchiere e affronta una delle prime operazioni di fusione che muteranno nel profondo il nostro sistema bancario, quella con la Popolare di Novara.

I primi del 2000 sono anni di grande trasformazione ma in Italia si naviga sempre in acque agitate. Sono anni segnati dallo scandalo Parmalat e dall’esplosione dei derivati, così come dall’ascesa inspiegabile di personaggi come Giampiero Fiorani e quei giovani immobiliaristi passati alla cronaca come i “furbetti del quartierino”. Sotto la guida efficace di Innocenzi, la Bpvn è protagonista indiscussa di alcune tra le più importanti operazioni di riassetto del sistema. Operazioni che hanno segnato la storia economica dell’Italia e che coinvolgono in primis Bnl, Antonveneta, Unipol.

Il governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, è impegnato a difendere l’italianità delle nostre banche e spinge per un intervento di Bpvn su Bnl. Ma per la prima il boccone è troppo grosso e ne verrebbe snaturata la caratteristica di banca del territorio. Gli azionisti di Bpvn sono contrari all’operazione e così non se ne farà nulla. Ma di lì a poco, nel 2006, alla banca di Innocenzi toccherà un boccone più amaro: il salvataggio della Popolare di Lodi portata al dissesto da Fiorani. Nasce il Banco Popolare, per dimensioni la terza banca del Paese.

Intanto però è iniziata la Grande Crisi, quella dei mutui subprime, di cui Innocenzi percepisce prima di altri i potenziali rischi dopo aver assistito al fallimento e poi alla nazionalizzazione della britannica Northern Rock. Avvia subito un’opera di razionalizzazione e focalizzazione sul core business del Banco. Non si accorge però di quanto sta succedendo in Italease, di cui il Banco è tra i maggiori azionisti. Questa è una brutta storia, dove l’amministratore delegato dell’ente, Massimo Faenza, con la compiacenza di alcune banche estere ha celato operazioni speculative in derivati a proprio vantaggio e a danno della clientela per qualche miliardo di euro.

Il Consiglio di amministrazione di Italease, sfiduciato dalla Banca d’Italia, viene sciolto. Innocenzi, che è vicepresidente in rappresentanza del Banco, viene indagato per falso in bilancio e aggiotaggio e nel 2008 si dimette da amministratore delegato del Banco. Rientrerà presto in gioco, chiamato a nuovi incarichi di responsabilità, prima dal gruppo Intesa e successivamente da Ubs come amministratore delegato per l’Italia, incarico che ricopre ancora oggi con responsabilità allargate anche ad altri Paesi. Ma è come camminare sulle sabbie mobili. Sono questi infatti gli anni segnati dalla dolorosa vicenda processuale legata allo scandalo Italease, dalla quale Innocenzi uscirà assolto con formula piena.

Al percorso giudiziario sono dedicati gli ultimi capitoli del libro con dovizia di particolari sulla dinamica del dibattimento a testimonianza di quanto questa vicenda abbia segnato nel profondo la vita dell’autore e di un desiderio indomabile di riscatto. Sabbie mobili ha una prosa scorrevole e accattivante dove l’autore inquadra molto bene gli avvenimenti nel contesto in cui si svolgono. Per chi è interessato alla storia finanziaria dell’Italia il libro offre un punto di vista importante, quello di un manager che ha vissuto i fatti narrati in prima persona. Le vicende sono descritte da “di dentro” e non, come siamo normalmente abituati, viste dall’esterno. Si percepisce che non è un mondo facile quello della finanza. Sul lavoro c’è grande competizione. Gli stipendi sono stellari ma sono anche tante le responsabilità e le insidie di mercati divenuti sempre più complessi.

Nel romanzo vi è un gran via vai di personaggi, più o meno noti e più o meno capaci, per ognuno dei quali l’autore offre un rapido ritratto. Si evince una grande abilità, innata più che acquisita, di inquadrare le diverse personalità, i loro pregi e difetti. Dote indispensabile per un bravo manager come Innocenzi ma non necessariamente scevra da errori. Come dimostra, nel caso dello scandalo Italease, la sottovalutazione della personalità di Faenza. Ma in fin dei conti dietro il brillante banchiere c’è l’uomo, con le sue ambizioni e le sue debolezze, pronto a lottare contro le disavventure della vita, e c’è il padre e marito amorevole, per il quale la famiglia è l’ultimo approdo sicuro. È forse anche per questi motivi che ho letteralmente divorato le 500 pagine di questo libro.

Fabio Innocenzi, Sabbie mobili. Esiste un banchiere perbene?, Codice Edizioni, Torino, pagg. 502, € 21

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