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Il Barocco va di moda

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Musica

Il Barocco va di moda

È vero che Roma è un gran teatro barocco, ma il successo della musica di quel periodo, quando si eseguono opere, raramente, o concerti fra Sei e Settecento è subito successo di massa. L’ancora recente Festival Barocco realizzato in alcune splendide chiese della capitale col concorso spesso decisivo di organi musicali ben restaurati ha registrato quasi ovunque dei pienoni. È vero che l’ingresso era gratuito e tuttavia riempire, per esempio, un chiesone come San Giovanni Battista dei Fiorentini, all’inizio di via Giulia, strada ad alta concentrazione “toscana”, non è facile, con musiche piuttosto rare. Come quelle ad esempio di Felice Anerio amico e collaboratore di San Filippo Neri, fiorentino però altamente romanizzato, al quale si intitola il grandioso complesso dei Filippini fra la Chiesa Nuova, l’Oratorio, la Biblioteca Vallicelliana e la Torre dell’Orologio, un tout Borromini o quasi.

A San Giovanni dei Fiorentini il restauro ben riuscito del grande organo seicentesco opera del romano Filippo Testa dà altra luce ai concerti di musica barocca. Del resto la Missa pro defunctis di Alessandro Scarlatti, curata da Luca Della Libera, data in “prima” al Festival Barocco nella chiesa sotto la bramantesca Cancelleria, ha avuto grande successo l’anno scorso anche a Berlino.

Nella memoria restano incisi altri concerti ancora recenti: quelli per il centenario di Arcangelo Corelli, star del violino e della composizione (giustamente sepolto al Pantheon vicino a Raffaello). Per esempio in una grande sala dell’imponente Palazzo Doria Pamphilj in piazza Navona, curato da Sandro Cappelletto per l’Accademia Filarmonica Romana. Quel Corelli che si confrontò spesso col sassone Georg Friedrich Haendel per un triennio a Roma quale maestro di cappella dei Ruspoli. Per i quali, fra tante altre cose, compose le sei Canzoni, sacre e profane, di Vignanello magnifica residenza estiva di quei principi nella verde collina sopra il lago di Bracciano.

Negli ultimi decenni si sono potuti ascoltare nel Belpaese, finalmente, complessi italiani, vocali e strumentali, all’altezza di quelli inglesi, olandesi o tedeschi. Le stesse voci nostrane, purtroppo assenti dal melodramma ottocentesco per mala educazione musicale dei Conservatori e altro, spiccano invece nel repertorio più antico, autentiche specialiste a cominciare da Sara Mingardo e dalla sempre divina Anna Caterina Antonacci che in un concerto tutto monteverdiano col bis commosse fino alle lacrime l’intera Aula Magna della Sapienza, ed era il «Lascia ch’io pianga mia cruda sorte...» di Haendel.

Ma la notizia dell’anno viene dalla provincia romagnola, provincia musicale ove studiò il ragazzo Rossini, allievo dei canonici Malerbi i quali avevano nella loro biblioteca Mozart e Haydn sui quali si formò il “tedeschino”. Viene da Lugo di Romagna dove ancora è ben suonabile al Carmine il Callido sul quale mise le abili mani l’adolescente Gioachino e dove il teatro, risalente al 1760, filologicamente restaurato anni fa da Pier Luigi Cervellati, porta ovviamente il suo nome. Teatro di bella tradizione anche recente, lanciato dall’indimenticato Tonino Taglioni, al quale, quest’anno, sostenendo che «tanto più in tempi di crisi la cultura va sostenuta», il trentenne sindaco Davide Ranalli ha raddoppiato - incredibile a dirsi - la “dote” portandola a 642mila euro e chiamando a dirigere la stagione, col consiglio esperto di Domenico Randi direttore proveniente dal Comunale di Bologna, il bravo Rinaldo Alessandrini fondatore anni fa del Concerto Italiano, clavicembalista e direttore.

Dal 5 novembre al 30 dicembre saranno dieci gli eventi barocchi del festival Purtimiro («Pur ti miro, pur ti godo», finale della Incoronazione di Poppea di Monteverdi), con due opere Gli equivoci del sembiante di un Alessandro Scarlatti appena diciottenne e La serva padrona di Giovanni Paisiello, in mezzo otto concerti di sicuro livello. Tutto monteverdiano quello inaugurale, un altro ispirato all’Orlando furioso di Ariosto e un terzo (in cui occhieggia il fusignanese Arcangelo Corelli) sull’ arte del violino, con la ravennate Accademia Bizantina di Ottavio Dantone e cantanti quali Roberta Invernizzi, Sonia Prina, Monica Piccinini, Pietro Spagnoli. E Gioachino Rossini? Compare con altri nell’anteprima Da Figaro ad Haydn col suo maestro lughese Lugi Malerbi ne Il Maestro e il Cignale al quale dà voce l’attore Ivano Marescotti. Ti miro e ti godo, non c’è dubbio.

Ma, dopo il dolce, in Italia c’è sempre l’amaro: l’unica, imprescindibile biblioteca di organologia «Sylvestro Ganassi» di Roma, proprietà della omonima scuola di musica meglio conosciuta da 40 anni come FIMA (Fondazione Italiana per la Musica Antica già Società italiana per il flauto dolce) fondata e animata dal bravissimo Giancarlo Rostirolla, per decenni in Rai, ha ricevuto avviso di sfratto dal commissario al Comune Tronca. Eppure non ha mai tardato nei pagamenti ed è l’unica in Italia assieme alla Biblioteca Mischiati presso il Museo Tagliavini di Bologna, interamente dedicata agli strumenti musicali e agli organi antichi. Fondamentale soprattutto per i periodici, riviste specializzate, i repertori bibliografici tutti conservati senza lacune in 30 metri quadri. Così va nel Paese (o ex Paese) della Musica e del Belcanto.

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