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Prima Reggia del mondo

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Prima Reggia del mondo

Scavando si impara Gli studenti della Missione archeologica italiana, diretta da Marcella Frangipane,  dell’Università La Sapienza di Roma impegnati nello scavo ad Arslatepe in Turchia. In basso a sinistra, i resti del Palazzo Reale del IV millennio avanti Cristo portato in luce dallo scavo
Scavando si impara Gli studenti della Missione archeologica italiana, diretta da Marcella Frangipane, dell’Università La Sapienza di Roma impegnati nello scavo ad Arslatepe in Turchia. In basso a sinistra, i resti del Palazzo Reale del IV millennio avanti Cristo portato in luce dallo scavo

Come nasce il potere di pochi su molti? E la burocrazia, come si è creata? E le gerarchie sociali, la divisione del lavoro, la produzione di beni in serie? E la guerra organizzata? C’è un luogo al mondo che offre risposte a tutti questi grandi interrogativi dell’umanità: Arslantepe, “la collina dei leoni” vicino a Malatya nella Turchia sud-orientale. E da oggi risponde anche a un’altra fondamentale domanda: quando è nato lo Stato laico? Quando il potere ha saputo fare a meno dell’investitura divina e si è imposto come tale? Molto presto, già nella metà del IV millennio a.C.: ad Arslantepe è venuto alla luce il primo palazzo della storia. E la prima sala delle udienze di un sovrano laico.

Marcella Frangipane, direttore della Missione archeologica ad Arslatepe dell’Università La Sapienza di Roma, ha già vinto per questo nel dicembre scorso il Discovery Award allo Shanghai Archaeology Forum, ma è stato il recente convegno di Francoforte sui primi palazzi a incoronare definitivamente la scoperta. Finora, infatti, non pochi studiosi del Vicino Oriente antico dubitavano che quello venuto alla luce ad Arslantepe a partire dal 1984, fosse un palazzo vero e proprio. Sono stati trovati magazzini dove si raccoglievano alimenti vari - prodotti del grano, dei legumi, forse anche olio e vino - in sacchi e in olle, tutti opportunamente segnati dal proprio sigillo. E accanto ai magazzini c’erano le “mense”, cioè i luoghi di distribuzione del cibo con ciotole stivate a migliaia. Prove dell’esistenza di un potere capace di costringere altri a portare a palazzo il frutto del proprio lavoro, e di una burocrazia ferrea che contava, registrava, stivava i beni nei magazzini e compensava tutti con una ciotola di minestra. Un lavoro preciso, rigoroso, organizzato anche in assenza della scrittura: bastava contare e registrare i simboli dei sigilli impressi sull’argilla delle cretule, le ceralacche di allora. Ad Arslantepe ne sono state trovate migliaia, sparse nei magazzini o raccolte in veri e propri archivi. Poi sono venute alla luce spade in rame arsenicato che sono anch’esse le prime della storia, e primo indizio di forme di conflitto organizzato. Infine, sulla cima del colle, le abitazioni dei “potenti” con raffinati oggetti di rame, oro, avorio, osso. Una ricchezza e un’organizzazione interrotte bruscamente alla fine del millennio quando un violento incendio ha distrutto ogni cosa.

Frangipane è convinta da anni che tutto ciò fosse un palazzo, anche se non si presenta come un edificio unitario e compatto come i famosi palazzi mesopotamici del millennio successivo. Finora però mancava il cuore politico di un palazzo, la “sala del trono”. Ora finalmente è venuto alla luce e ha una struttura identica a quella dei palazzi successivi. È cioè un grande cortile dove si riuniva il popolo, dominato da un edificio imponente dai muri spessi quasi due metri e dotato di un’apertura proprio verso il cortile. Al centro di quest’ultima c’è un podio a cui si accede con tre gradini: gradini sicuramente simbolici come in un analogo podio del palazzo di Mari in Siria. Il signore stava dunque su questo podio quando concedeva udienza al popolo, seduto forse su un trono in legno di ginepro come paiono rivelare i legni carbonizzati trovati colà. E la gente sapeva come presentarsi a lui e conosceva i limiti da non oltrepassare, segnati da due pedane poste sul pavimento del cortile, proprio di fronte al podio.

Alle spalle del “trono” c’era una grande sala per banchetti, sicuramente privata, da cui si raggiungevano le abitazioni sulla cima. C’era dunque ad Arslantepe quella divisione tra area privata ed area pubblica che è la caratteristica principale di tutti i palazzi successivi. E l’area pubblica riserva ulteriori sorprese. Lì accanto, all’inizio del millennio sorgevano due edifici templari con le pareti decorate da pitture color ocra, dove sono state trovate ciotole in abbondanza, probabilmente usate per libagioni, e ossa di ovini per i pasti sacrificali. Erano templi aperti al popolo, vero fulcro di un potere di matrice religiosa. Alla metà del millennio, però, la situazione muta radicalmente. C’è ugualmente un tempio ma ha un ingresso angusto e pare piuttosto una cappella privata. Al suo interno sono stati trovati bei vasi di culto, poche ciotole e ossa di bovino, segno di un rituale più ricco e riservato a pochi: i governanti si erano isolati rispetto al popolo. Questo tempio confina poi con il corridoio di accesso al cortile delle udienze che è fatto in modo tale da dirigere lo sguardo di chi lo percorre proprio verso il podio del “trono”. Ad Arslantepe assistiamo dunque, nel corso del IV millennio, a un processo di progressiva laicizzazione del potere e dell’intera macchina amministrativa. Vediamo come una struttura sociale, politica ed economica complessa sia riuscita a reggersi anche senza il sostegno di un’aura sacrale: l’autorità dei governanti non derivava più dal ruolo di mediatori con le divinità, ma dal controllo che esercitavano sulle risorse. Fu forse un primo esperimento, cancellato dal grande incendio. Fu un precursore di quel che, a quanto sappiamo, risorgerà nel mondo mesopotamico solo nel millennio successivo. Una novità visionaria e una grande conquista dell’umanità, proprio lì ad Arslantepe. Non è un caso se Marcella Frangipane sia, dopo Rita Levi Montalcini, l’unica donna italiana eletta nella National Academy of Sciences statunitense, e l’unico italiano di sempre di area umanistica. Le ricerche ad Arslantepe sono una vera grande gloria italiana.

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