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Un cimento col cemento

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Arte

Un cimento col cemento

Picasso scultore Pablo Picasso davanti a «La femme au jardin» (MP267) in ferro dipinto di bianco esposta nel 1932 alla Galerie Georges Petit
Picasso scultore Pablo Picasso davanti a «La femme au jardin» (MP267) in ferro dipinto di bianco esposta nel 1932 alla Galerie Georges Petit

Una delle fotografie più celebri di Pablo Picasso è quella scattata da Robert Capa sulla piaggia di Golfe-Juan in Costa Azzurra. È il 1948 e l’artista sta scortando la sua giovane compagna e musa Françoise Gilot reggendo un ombrellone per proteggerla dal sole. La mostra parigina allestita fino al 28 agosto al museo che porta il suo nome nel cuore del Marais ci fa scoprire qualcosa di straordinario che riguarda le giornate passate in riva al mare dal genio catalano. Ma che riguarda poi in verità la sua innata predisposizione a trasformare in arte anche un insignificante frammento di quotidianità. Una piccola vetrina espone alcuni sassolini, ciottoli di qualche centimetro che durante le ore trascorse al sole con la famiglia l’artista sceglieva accuratamente per la loro forma, il colore, la qualità della superficie. Poi, li incideva con un segno lieve, come fosse un veloce tratto di matita, e trasformava quelle pietre in figure, volti, sorrisi, sculture.

Picasso. Sculptures a Parigi, prima grande mostra dopo la riapertura del 2014, sull’onda del successo del suo milione di visitatori con la nuova sede e della stessa mostra presentata al Moma di New York (settembre 2015-febbraio 2016), espone circa 240 opere, tra le quali oltre 160 sculture, dai pezzi più noti a quelli quasi mai visti. Ma ciò che obbliga a segnalarla come rassegna eccezionale non riguarda solo l’aspetto quantitativo, bensì la completezza dell’indagine. Che significa, innanzi tutto, scandagliare questo capitolo della sua attività dagli esordi a fine carriera: dalle prime prove su rozzi pezzi di legno evidentemente ispirate all’essenzialità delle maschere africane, peraltro messe a confronto, fino alle opere postume Le costellazioni, esposte anche in giardino, realizzate nel 1985 su bozzetti in ferro – presentati anch’essi - di matrice fortemente grafica.

Si inizia dal 1905 con un omaggio ad Auguste Rodin, nella tecnica e nello stile, con Le fou in bronzo. Il maestro, ancora in vita e all’apice di un enorme successo, è un riferimento imprescindibile per chi in Francia voglia approcciare l’arte plastica; come era stato un passaggio imprescindibile Michelangelo per il giovane Rodin desideroso di diventare scultore.

Si prosegue dal 1906-1907, anno del “cantiere” per le Demoiselles d’Avignon nel suo atelier a Montmartre, vera officina di modernità, fino agli anni Sessanta, quando Picasso era l’artista più famoso del proprio tempo, autentica star, e in pittura, come in scultura, poteva divertirsi a fare davvero ciò che voleva, con la certezza assoluta di piacere. Sempre e comunque.

Si passa per la nascita del Cubismo, che trova per la pittura, più nota a tutti, un corrispettivo tridimensionale in opere celebri come la Testa di donna (Fernanda) del 1909 che arriva da Dallas (Raymond and Patsy Nasher Collection, Nasher Sculpture Center). Come accade per le opere su carta o su tela, il cubismo riaffiora anche in lavori più tardi. Per esempio nella Testa di donna in cemento dal Musée Picasso di Antibes, 1931-32.

Un’intera sala è dedicata all’elaborata sequenza di studi e progetti per il monumento al poeta Guillaume Apollinaire morto nel ’18, che giunge fino all’esito di melottiana leggerezza; un’opera in metallo, realizzata insieme allo scultore spagnolo Julio González.

Vi sono poi gli anni tormentati che ruotano intorno al capolavoro Guernica, 1937, che nella fucina mentale picassiana per la scultura significa una straordinaria Testa di donna, in cemento. È esposta ora per la prima volta al pubblico ed è una delle cinque sculture presentate da Picasso per il padiglione spagnolo all’Expo parigina del ’37 insieme alla grande tela divenuta paradigma di denuncia per antonomasia contro tutte le guerre del mondo e di tutti i tempi.

La lodevole completezza d’indagine della mostra di Parigi si deve inoltre alla capacità di sviscerare i molteplici problemi connessi a questa pratica artistica: le fasi preparatorie, la sperimentazione sui materiali, la questione dei multipli, le serie, e così via. Le curatrici Cécile Godefroy e Virginie Perdrisot, affrontano il tutto risolvendolo brillantemente sul piano visivo, con interessanti, talvolta inediti accostamenti tra gesso preparatorio e bronzo, o tra tutti pezzi di una serie, come i sei esemplari mai visti insieme prima d’ora in Europa del Bicchiere d’assenzio, 1914.

Le quindici sezioni devono solo fare i conti, talvolta non in modo del tutto lineare, con il percorso complicato su due piani del rinnovato Hôtel Salé. Ma la scelta della semplice sequenza cronologica aiuta a seguire l’evoluzione degli stili, l’alternanza delle tecniche, le straordinarie innovazioni, anche entrando nel vivo del processo creativo. Molti disegni e alcuni dipinti aiutano infine a rendere sempre evidente il rapporto strettissimo con l’opera grafica e pittorica, nell’unità di una concezione globale, non gerarchica ma viceversa totalizzante del pensare artistico di un genio.

Picasso. Sculptures, Parigi, Musée national Picasso-Paris, fino al 28 agosto

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