Cultura

Impoverirsi a Milwaukee

  • Abbonati
  • Accedi
Economia e Società

Impoverirsi a Milwaukee

«Task force fame». Uno dei camion di un programma che assiste i poveri di Milwaukee che hanno problemi a trovare da mangiare
«Task force fame». Uno dei camion di un programma che assiste i poveri di Milwaukee che hanno problemi a trovare da mangiare

Matthew Desmond insegna sociologia a Harvard e nel 2015 ha ricevuto il prestigioso premio MacArthur, che riconosce il «genio» in qualsiasi disciplina. Per la ricerca decennale che ha riassunto in Evicted ha coordinato indagini a tappeto a Milwaukee, nel Wisconsin (una delle città più povere degli Stati Uniti), ha consultato documenti legali, telefonate alla polizia, atti di proprietà e innumerevoli altri dati.

Non ha letto molti libri, perché sull’argomento di cui aveva deciso di occuparsi i sociologi non avevano scritto granché. Per ovviare alle carenze della letteratura specialistica, si è improvvisato etnografo e ha operato come hanno sempre fatto gli etnografi, prima tra popoli lontani e in misura crescente in ambienti più familiari: ha convissuto a lungo, taccuino e registratore alla mano, con i soggetti della sua analisi. Siccome voleva conoscere le condizioni e i processi attaverso i quali i perdenti nella lotteria sociale vengono sfrattati, ha abitato nei loro appartamenti e nelle loro roulotte, ha mangiato, chiacchierato e giocato con loro, li ha accompagnati in tribunale, al pronto soccorso e a cercare una nuova casa, li ha visti soffrire e talvolta ridere in mezzo a infortuni e tossicodipendenze, gabinetti e lavandini intasati e buchi nelle finestre e nelle pareti, acqua, luce e riscaldamento tagliati e topi e scarafaggi che infestano ogni angolo.

Poi ha trascritto cinquemila pagine di appunti, scorso migliaia di fotografie e raccontato le loro storie. Perché dietro, o davanti, o sopra, o sotto le statistiche ci sono volti e voci; e se i numeri sono al sicuro nelle note il modo più efficace di comunicare un problema è far parlare e agire concreti esseri umani. Gli esempi, ci ha insegnato Machiavelli con l’esempio, guidano e ammaestrano e, spera Desmond, potrebbero anche convincerci a compiere opportune mosse politiche.

Del molto che ho imparato leggendo questo libro mi limiterò qui a menzionare due elementi. Primo, esiste una correlazione sospetta e inquietante tra lo scarso interesse prestato agli sfratti, che in America si contano a milioni, e la natura soprattutto femminile del fenomeno. Gli Stati Uniti contengono un gigantesco universo carcerario, che ospita oltre due milioni di detenuti, il sette per mille della popolazione (in Italia, a titolo di confronto, la percentuale è l’uno per mille). La stragrande maggioranza dei carcerati è costituita da maschi, e in numero ampiamente sproporzionato da maschi neri. Mentre gli uomini sono dietro le sbarre, le loro donne e i loro figli sopravvivono a stento e corrono costantemente il rischio di rimanere in mezzo alla strada: per un ritardo nel pagare l’affitto, una lite che disturba i vicini, un bimbo irrequieto, una visita della polizia (chiamata magari per proteggere una donna da violenze domestiche), addirittura una lamentela per quel che non funziona.
Con mariti e compagni chiusi dentro, mogli e madri vengono chiuse fuori: una mattina, all’alba, si presentano due poliziotti accompagnati da una squadra di operai e s’impone una scelta. Gli oggetti di casa possono essere abbandonati sul marciapiede o messi in deposito; ma il deposito ha un prezzo, e se non si paga il canone mensile gli oggetti vanno persi. La carcerazione e lo sfratto di massa sono realtà altrettanto indegne ma, chissà perc€hé, sugli uomini che vivono la prima si parla e si scrive molto, mentre sulle donne che vivono la seconda si parla e si scrive pochissimo.

L’altro fatto che mi ha colpito è che sulla povertà si possono realizzare ingenti profitti. Desmond ha studiato esclusivamente il mercato privato delle locazioni, tralasciando l’edilizia pubblica (i famigerati projects) che è ormai riconosciuta fallimentare e viene spesso distrutta. E nel mercato privato ci sono persone che posseggono decine di stabili e, trattando con famiglie indigenti, guadagnano decine di migliaia di dollari al mese. I motivi sono semplici: possono chiedere il prezzo che vogliono (per chi campa di misere paghe e sussidi di disoccupazione, fino al novanta per cento delle sue entrate mensili); non devono offrire manutenzione o riparare guasti perché gli inquilini sono sempre in difetto e quindi ricattabili; possono mandarli via senza impicci perché per ognuno di loro ce ne sono centinaia pronte a prendere il suo posto. In una zona residenziale agiata, tra professionisti consapevoli delle proprie possibilità e dei propri diritti, i guadagni sarebbero una frazione di quel che si può ottenere fra i disperati. Purché se ne abbia lo stomaco; ma quello si fa, con l’abitudine. Così, quando la città è seppellita dalla neve, si può svernare ai Caraibi.

Ci sono costi da pagare per una ricerca simile. Alla fine del libro, Desmond confessa di averne derivato una tormentosa depressione. E ci congeda con una frase spietata: «Non si può invocare nessun codice morale o principio etico, nessun testo scritturale o insegnamento sacro, per difendere quel che abbiamo lasciato accadere nel nostro Paese».

© Riproduzione riservata