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La Signora delle regole

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Scienza e Filosofia

La Signora delle regole

Il gioco delle regole. Anna Scalfi Eghenter, «Partout où les circonstances l’exigeront» (2014). Un campo di pallacorda allestibile ovunque, dove il gioco è quello di accordarsi sulle regole prima di iniziare. (ph. Ela Bialkowska - MAXXI, Roma)
Il gioco delle regole. Anna Scalfi Eghenter, «Partout où les circonstances l’exigeront» (2014). Un campo di pallacorda allestibile ovunque, dove il gioco è quello di accordarsi sulle regole prima di iniziare. (ph. Ela Bialkowska - MAXXI, Roma)

A che serve la filosofia? Un tempo questa era la domanda filosofica per eccellenza. I rettori intenti a far quadrare il bilancio oggi si domandano a che servono i filosofi. Chi non è soddisfatto dall’idea che la filosofia abbia un valore consolatorio, che sia una pratica riflessiva necessaria a condurre una buona vita o in preparazione alla morte, può prendere ad esempio Cristina Bicchieri. Cristina Bicchieri è S. J. Patterson Harvie Professor of Social Thought and Comparative Ethics. È Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e, da un decennio ormai, lavora come consulente per l’UNICEF, per la Banca Mondiale e per la Bill & Melinda Gates Foundation. «Tutto è iniziato quasi per caso, dopo la pubblicazione del libro The Grammar of Society: the Nature and Dynamics of Social Norms (Cambridge University Press, 2006), quando fui invitata ad una conferenza a Bogotà in cui mi si chiedeva di guardare alle possibili applicazioni pratiche della mia teoria».

Bicchieri si occupa delle norme, del loro ruolo nei processi decisionali individuali e collettivi, della loro giustificazione e fondazione. Ha dato importanti contributi alla teoria dei giochi, sviluppando modelli e teoremi relativi alla decisione razionale in contesti caratterizzati da conoscenza limitata, e prospettando soluzioni algoritmiche per la decisione in casi di scelte dilemmatiche. La sua idea centrale è che per comportarsi razionalmente sia necessario comprendere che cosa è ragionevole attendersi dagli altri. Il concetto di “aspettativa” è dunque cruciale e, opportunamente applicato, è capace di spiegare il cambiamento e l’evoluzione delle norme sociali. Infatti, Bicchieri è molto attenta all’aspetto dinamico delle norme, alla possibilità del cambiamento e ai fattori che lo determinano; ma anche ai fattori che trasformano le preferenze individuali in norme nuove. Chi ha le potenzialità per inventarsi nuove norme? Come si trasformano in pratiche consolidate? Queste sono domande centrali per tutti i policy-makers e per quelle fondazioni e organizzazioni non governative che si occupano della protezione dei diritti umani, come l’UNICEF. Ed è per questo che questi importanti attori internazionali hanno visto nella teoria di Bicchieri grandi potenzialità.

Non si sbagliavano. Alla base della ricerca di Bicchieri c’è una robusta teoria filosofica delle norme sociali e della loro giustificazione razionale, sostenuta da sofisticati modelli dei processi decisionali, comprovati da un’ampia indagine sperimentale. All’argomentazione filosofica si affiancano la psicologia evolutiva, gli strumenti logici della teoria dei giochi e ricerche sperimentali di psicologia cognitiva e sociale. Certamente l’assetto sperimentale fornisce alla teoria delle norme un aspetto più realistico ed ha un effetto di consolidamento della teoria. Ma non bisogna dimenticare che il punto di partenza di Bicchieri è un’idea su cosa sono e come funzionano le norme sociali, come emergono e si affermano e si radicano i comportamenti pro-sociali e cooperativi.

I risultati più recenti di questi studi sono contenuti in un libro di prossima pubblicazione Norms in the Wild: How to Change Human Behaviour (Oxford University Press). Un vantaggio decisivo della teoria di Bicchieri riguarda la misurabilità e quindi la controllabilità delle norme e della loro evoluzione. «La misurazione ci fornisce dati importantissimi per capire come si evolvono le norme sociali e come si può intervenire. Per decidere quali sono le strategie efficaci, come intervenire per favorire il cambiamento sociale c’è bisogno di capire quali norme sociali sono in gioco».

A questo scopo, Bicchieri ha inventato e perfezionato numerosi esperimenti volti a testare le ipotesi della teoria delle norme sociali. «Uno dei resultati più importanti di questi esperimenti è che la maggior parte dei soggetti ha una preferenza condizionale a seguire norme pro-sociali, proto-cooperative. La manipolazione delle aspettative causa cambiamenti di comportamento imponenti. Si possono già ricavare alcune conclusioni. Per esempio, che non ci sono disposizioni o preferenze assolute. Si possono cambiare. Ma i politici, i governi che vogliono indurre comportamenti pro-sociali devono intervenire sulle aspettative che le persone hanno su come ci si comporta in situazioni simili».

Si tratta di una proposta che ha messo in crisi e soppiantato i modi tradizionali di intervento. «Il modello tradizionale è basato sulla manipolazione dell’informazione e mira all’individuo. La strategia tradizionale consiste nell’informare gli individui di una certa comunità degli effetti negativi di una certa pratica e prospettare un cambiamento per il meglio. L’esempio più eclatante è quello della defecazione all’aperto, una pratica molto diffusa in India e molte parti del mondo in via di sviluppo, che uccide 1,5 milioni di bambini all’anno. In una campagna recente in Bangladesh e Pakistan sono stati investiti milioni di dollari per impiantare wc su tutto il territorio e informare gli utenti sull’azione dei batteri fecali. C’è stato un leggero miglioramento nei primi mesi subito dopo questo massiccio intervento. Ma nell’arco di tre mesi, tutto era tornato come prima. La domanda da farsi è: perché?».

Perché una comunità intera, informata delle conseguenze disastrose di una certa pratica, una volta dotata di mezzi, si ostina a mantenere in vita una pratica igienica dannosa? Secondo Bicchieri ci sono ragioni sotterranee che non vediamo se rappresentiamo il problema solo nei termini della disponibilità delle informazioni e dei mezzi per implementarle. Le ragioni sotterranee si portano alla luce studiando le attese normative associate alle norme sociali che regolano la vita di una certa comunità. A confronto con questi problemi concreti, Bicchieri si rende presto conto che il lavoro sul campo condotto dagli operatori UNICEF è inefficace perché mal concepito. L’errore fondamentale è, prima di tutto, concettuale: la mancata comprensione del funzionamento della norma sociale.

«Molti pensano che le norme sociali siano simili alle regole, come fermarsi al semaforo rosso. Ma non è così. Le norme sociali hanno una struttura molto speciale ed è cruciale capire cosa sono per avere qualche speranza di poterle cambiare». Una norma sociale è composta di due elementi, uno empirico e l’altro normativo. Da una parte ci sono le “aspettative empiriche”, cioè la credenza che altri membri della stessa comunità seguano di fatto una certa norma e quindi si comportino, di fatto, in un certo modo. Dall’altra ci sono le “aspettative normative”, cioè la credenza che tutti gli altri membri della comunità debbano comportarsi in un certo modo. Alle aspettative normative sono associate sanzioni, giudizi di biasimo e tutti quegli atteggiamenti morali ed etici che costituiscono il fenomeno della pressione sociale. La pressione sociale garantisce una certa stabilità alle norme e, per lo stesso meccanismo, consente una certa impermeabilità alle critiche. Per esempio, sappiamo che il colostro è molto importante per le difese immunitarie del neonato. «Ma in certe comunità africane non è ammesso l’uso del colostro ed è la suocera a decidere che cosa è bene e non è bene per la giovane madre e per il figlio, pena la marginalizzazione sociale. E anche se la giovane madre comprende i benefici del colostro, seguirà il consiglio della suocera, a scapito della salute del figlio, esponendo l’intero villaggio a rischio di contagio. Ciò perché la norma sociale prevede che questo sia il comportamento da adottare in queste circostanze». Il rischio dell’isolamento sociale è troppo alto. È un costo superiore dell’esposizione del figlio alla malattia. Per invertire la tendenza, dice Bicchieri «Bisogna convincere la comunità che la buona madre è una madre consapevole e informata, perché attraverso la propria educazione può educare meglio i figli. Questa è una considerazione che avrà riscontro. Sarà ascoltata perché si richiama ai valori fondamentali della comunità, la cura per la prole. Si tratta solo di mostrare che ci sono strategie migliori per onorare e realizzare i valori fondamentali di cura. Se invece si avvicina la suocera dicendo che ha sbagliato tutto ed è una povera ignorante e che i valori del villaggio sono ridicoli, si può star certi che nessuno ascolterà».

L’approccio tradizionale trascura l’importanza della norma sociale e quindi calcola male il tipo di intervento. Questo errore è particolarmente importante nelle fasi di transizione sociale, nelle quali la legislatura è più avanzata rispetto ai costumi locali. «Tradizionalmente, gli operatori non cercano di dialogare con le strutture normative esistenti. Si fanno promotori di interventi che calano dall’alto, cercando di portare il cambiamento imponendo divieti o aumentando le informazioni rilevanti. Ma è dimostrato che questi strumenti sono insufficienti e molto raramente conseguono i risultati intesi. In certi stati, come il Bangladesh, una legge proibisce il matrimonio delle bambine, ma la pratica va avanti lo stesso». La legge in questo caso non genera aspettative normative e quindi non ha il sostegno della pressione sociale: non è percepita come norma sociale e quindi non è sanzionata dalla pressione sociale.

In alternativa ai metodi tradizionali, Bicchieri ha proposto una strategia di intervento più complessa, che coinvolge in prima persona i membri della comunità, ma parte da studi di alto livello scientifico. L’università della Pennsylvania ospita un programma speciale di training per gli operatori sociali Penn-UNICEF Summer Program Advances in Social Norms and Social Change. Bicchieri dirige anche un gruppo di lavoro permanente, il Penn Social Norms Group (Penn SONG), un team di esperti in psicologia evolutiva, logica e statistica. Il cambiamento nelle pratiche (igieniche, sanitarie e morali) avviene solo quando è la comunità locale a farsene carico, esercitando pressione sociale, attraverso la generazione di aspettative normative. Per questo, Bicchieri ha sistematizzato un programma di responsabilizzazione locale, Community Empowerment Program. In alcuni casi, è fondamentale è l’uso della testimonianza, specialmente di leader della comunità, cui la comunità tributa rispetto e ascolto. Impegnandoli in un processo riflessivo, il metodo di Bicchieri li porta a confrontarsi con i propri valori, a volte abbandonando certe pratiche in ragione di valori più fondamentali. «Le dichiarazioni pubbliche sono importanti per smantellare una pratica, ma la testimonianza è un’arma a doppio taglio, perché un leader può anche perdere credibilità quando si oppone a pratiche sostenute da norme sociali molto radicate». Per questo è fondamentale raccordare il lavoro sul campo al lavoro scientifico. Di recente, per esempio, Bill & Melinda Gates Foundation ha finanziato laboratori per la misurazione delle norme sociali in Kenya, all’interno del progetto «Grand Challenge: Putting Women and Girls at the Center of Development».

L’effetto rivoluzionario della metodologia di Bicchieri emerge anche considerando l’altro soggetto interessato al cambiamento delle pratiche, ovvero le organizzazioni governative e non governative che finanziano le campagne per i diritti umani. «I finanziatori sono interessati a progetti che hanno un riscontro immediato. Ma i dati sperimentali che abbiamo raccolto attraverso misurazioni accurate e ripetute nel tempo dimostrano che le strategie di intervento che mirano a produrre risultati immediati non sono sostenibili». Si tratta perciò di cambiare anche gli obiettivi, non solo le strategie, e adottare sistemi di misurazione dell’intervento che tengano traccia dei risultati e delle responsabilità nel tempo. Si può intervenire solo operando insieme ai membri attivi della comunità locale, sulla base di una comprensione approfondita di come funzionano le norme sociali, a sostegno dei valori più fondamentali, i valori della cooperazione. Cambiare per il meglio è possibile, ma il progresso non può essere importato e imposto dall’alto. Deve essere maturato dall’interno, dal basso.

«Quando la legge e le norme sociali entrano in conflitto, non c’è dubbio che prevalgono le norme sociali locali». Questo non significa, come vorrebbero alcuni, che la legge sia inerte. Né dice alcunché a proposito della natura dei principi cooperativi e della loro presunta incapacità di vincolare in modo universale. Ciò che Bicchieri dimostra ampiamente, invece, con argomenti filosofici e con esperimenti davvero innovativi, è che c’è qualcosa di peggiore della malattia, del contagio e dello stupro. Di tutti questi mali, il più temuto è la marginalizzazione, la morte sociale. Questo spiega la resistenza al cambiamento di pratiche dannose in certe comunità lontane e spiega anche, forse con altrettanta drammatica chiarezza, il comportamento degli adolescenti e di altre categorie di agenti sotto pressione sociale nelle società avanzate.

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