Cultura

La tensione iraniana sul palco

  • Abbonati
  • Accedi
Teatro

La tensione iraniana sul palco

Le impressioni di questa quarantaseiesima edizione del Festival del Teatro in Piazza di Santarcangelo già sbiadiscono sovrastate dalla nomina della nuova direttrice artistica, la bielorussa trapiantata in Finlandia Eva Neklyaeva, che subentra a Silvia Bottiroli spostando inevitabilmente l’attenzione verso il futuro della rassegna. E tuttavia qualche valutazione su quanto si è visto nei giorni scorsi potrà forse servire anche ai fini della programmazione delle edizioni a venire.

Credo di poter dire, da quanto ho seguito direttamente – che ovviamente non era tutto, ma risultava a mio avviso abbastanza indicativo – che il festival di quest’anno, pur molto studiato e meditato, risentisse di un fondamentale scompenso: c’erano infatti alcune proposte di grande rilievo, e c’era una quantità di piccoli eventi per così dire collaterali, seppur ritenuti importanti nel quadro di un pensiero complessivo, che apparivano invece piuttosto dispersivi, talora pretestuosi, comunque senza il marchio di una forte impronta creativa.

Tra i titoli di maggiore spessore spiccava soprattutto Hearing dell’iraniano Amir Reza Koohestani, che arrivava a Santarcangelo dopo aver felicemente debuttato alle Colline Torinesi. In un programma interamente modulato sui rapportitra verità e finzione, tra esperienza reale e artificio rappresentativo Hearing sembrava fatto apposta per spostare tutti gli equilibri: Koohestani, che si conferma uno dei grandi della scena di oggi, questa capacità di elevare una minuta scheggia di vita ad alta invenzione poetica ce l’ha evidentemente nel sangue, nelle radici stesse della sua ispirazione.

Lo spettacolo è fatto di nulla, tre attrici in hijab che salgono a turno alla ribalta per rispondere alle domande di un’invisibile inquisitrice, e qualche rudimentale video che le mostra in diretta fuori dal palcoscenico. L’indagine riguarda un episodio forse accaduto e forse no nel dormitorio di un’università femminile, dove una studentessa dice di aver udito la voce di un uomo che proveniva da un’altra stanza. A condurre l’interrogatorio è una sorvegliante a sua volta in ansia per la propria sorte, a deporre sono la testimone dell’ipotetica trasgressione e l’accusata, che si difende strenuamente.

Apprendiamo che anni dopo costei, fuggita all’estero, è morta suicida, e la ragazza che l’ha messa nei guai – facendo rapporto per porsi al riparo da eventuali conseguenze, come tutti credono, o accennandone soltanto a una compagna, come lei sostiene - è in preda ai rimorsi. Ma la colpa non è sua, è di un regime intollerante fondato sul sospetto reciproco, sulla paura, sulla menzogna come mezzo di sopravvivenza. Il testo è scarno, quasi schematico, ma carico di tensione: bastano poche parole («voi mi nascondete tutto solo perché indosso un chador», dice a un certo punto la vigilante) per evocare un quadro storico dell’Iran del nostro tempo.

Fra gli spettacoli più suggestivi figurava anche Boleroeffect di Cristina Kristal Rizzo, già recensito da Marinella Guatterini, con la stessa Rizzo e la brava Annamaria Ajmone impegnate in un’ossessiva danza su martellanti ritmi da discoteca. E figurava Natten del coreografo svedese Mårten Spångberg, rappresentato da tarda sera all’alba in una palestra che pochi tocchi ambientali trasformavano in spazio onirico: la lenta azione dei danzatori, nella penombra, appariva come in sogno agli spettatori assopiti su coperte tutt’attorno.

Poi, però, c’erano tutte quelle performance, installazioni, sperimentazioni percettive che estendevano e completavano le sensazioni trasmesse dagli spettacoli, ma in un contorno frammentario, un po’ marginale. Proposte del genere hanno senso se sono molto innovative, molto spiazzanti, o illuminate da una speciale grazia inventiva, com’era il caso lo scorso anno dei libri interi detti a memoria da un solo attore a un solo ascoltatore. Questi diorami, questi filmati di scenari naturali, belli o brutti che fossero, parevano francamente già visti, e comunque di scarsa sostanza teatrale.

© Riproduzione riservata