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Mai stanchi di «Un eroe borghese»

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cronaca vera

Mai stanchi di «Un eroe borghese»

Ambrosoli, il silenzio di Cuccia

Anche questa rubrica, nel suo piccolo, è figlia del magistero di Corrado Stajano, del quale è appena stato ripubblicato Un eroe borghese (Il Saggiatore, pagg. 236, € 20), serrata ricostruzione del contesto finanziario e socio-politico nel quale maturò l’omicidio dell’avvocato Giorgio Ambrosoli. La vicenda è nota: nel 1974 Ambrosoli viene nominato commissario liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona. Si tenta di manovrarlo e influenzarlo, ma non ci si riesce. Si passa alle minacce telefoniche. Infine arriva l’ordine dell’assassinio, che avviene a Milano l’11 luglio del 1979. Tra i tanti passaggi memorabili che si potrebbero citare del libro di Stajano, scegliamo questo, per certi versi agghiacciante: «Il 10 e l’11 aprile 1979, l’amministratore delegato di Mediobanca, Enrico Cuccia, incontra Michele Sindona
all’Hotel Regency di New York. In quell’occasione, Sindona dice a Cuccia
che avrebbe fatto scomparire Ambrosoli. Che non ne sarebbe rimasta traccia. Cuccia sta zitto, non fa denunce, non dice nulla a nessuno, tace anche con il commissario liquidatore».

8 agosto 1956,
il disastro di Marcinelle

Dopo aver raccontato il disastro di Mattmark (1965, Svizzera), Toni Ricciardi, molto opportunamente, avvicinandosi il sessantesimo anniversario, ha deciso di indagare il disastro della miniera di Marcinelle, che avvenne l’8 agosto del 1956. Più che raccontare le ragioni dell’incendio e ricostruire la dinamica dei fatti – i morti furono 262, di cui 136 italiani, la maggioranza dei quali abruzzesi – Ricciardi inquadra ottimamente alcuni aspetti contestuali, come per esempio l’emigrazione italiana in Belgio, la politica carbonifera belga, i rapporti bilaterali tra Italia e Belgio e, infine, le condizioni di vita dei tanti lavoratori italiani, spesso costretti a vivere in baracche miasmatiche, fatiscenti e senza servizi. Tra i tanti aspetti sociologici che emergono in Marcinelle, 1956 (Donzelli, pagg. 176, € 24), ce n’è uno che risulta poco noto, e che riguarda il trattamento – alcune settimane di arresto, infine il rimpatrio forzato – che veniva riservato ai lavoratori italiani che si rifiutavano di vivere in quelle baracche e di scendere in miniera.

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