
Il libro di Valerio Castronovo rappresenta un più pregevole esempio di “storia del presente”. Contrariamente a molti volumi usciti in questi ultimi dodici mesi dedicati alla crisi dell’Unione Europea e alle perplessità – talvolta enfatizzate, talaltra sottaciute del suo progetto – l’agile eppur denso saggio di Valerio Castronovo non si propone tanto di presentare una chiave interpretativa “rivoluzionaria” o inedita. Assolve invece a una funzione decisamente importante e pressoché unica nel panorama editoriale italiano: quella di fornirle un retroterra storico, a partire dalla riunificazione tedesca e dei trattati di Schengen, in grado di mettere in prospettiva agli avvenimenti contemporanei, così consentendo anche a lettori che non hanno vissuto o non rammentano la sequenza di quegli eventi di coglierne invece l’effetto ritardato ma dirompente rispetto a quanto si sta verificando oggi.
La decostruzione della retorica e della vera e propria mistificazione che circonda l’origine e le ragioni politiche profonde del passaggio dalla Comunità Europea all’Unione è uno dei pregi particolari del libro. Così come lo è la centralità riconosciuta all’irrisolta questione tedesca. Germania, crisi ed austerità economica, immigrazione e crisi dei modelli integrativi, terrorismo islamista ed emergere di Daesh: sono i principali temi impiegati e connessi con maestria per spiegare la crisi europea e il risorgere dei nazionalismi. Nel ricordarci come l’adozione dell’euro e l’intera strategia dell’allargamento e approfondimento (mancato) dell’Unione sia stata innanzitutto una partita a tre – Germania, Francia e Gran Bretagna – Castronovo ci aiuta anche a rammentare come l’affanno europeo, e l’azione dei governi in una logica di stretto interesse nazionale, non sia una novità assoluta, ma abbia caratterizzato in realtà anche la fase che elaborò il progetto dell’allargamento, sulla quale oggi troppo spesso si riversano fiumi di retorica, tanto da parte dei “federalisti” quanto da parte dei “secessionisti” europei.
Personaggi politici di indubbio spessore – come Mitterrand, Kohl, Thatcher – ma il cui europeismo o euroscetticismo sono oggi mitizzati in maniera irritante soprattutto da chi la storia di quegli anni si ostina a non volerla studiare, ne escono tratteggiati in maniera molto più efficace e aderente alla realtà storica. Soprattutto, la ricostruzione precisa e godibile della trama e della successione degli eventi che portarono alla nascita di questa Unione consente di evitare quell’effetto di “Alice in Wonderland” che caratterizza una parte così rilevante del dibattito sull’Unione e sul suo destino. Valerio Castronovo, storico di vaglia e di consolidata esperienza, non è certo un euroscettico ma neppure un “eurilluso”, uno di quelli, per intenderci, che ciancia della generazione Erasmus o che, a ogni colpo che l’Unione incassa, a ogni fallimento che riesce a inanellare, pensa di potersela cavare con un rassicurante “la risposta è che ci vuole più Europa”…
Castronovo, piuttosto, ha un atteggiamento realista, paragonabile a quello di un medico che cerca di scrivere l’anamnesi di un paziente non proprio in salute, esattamente con lo scopo di poter elaborare una diagnosi utile a cercare rimedi alla malattia di cui è affetto. La Germania è la grande protagonista di molte delle pagine del libro. Il lettore meno avvezzo alla politica tedesca dell’ultimo quarto di secolo, ritroverà il filo rosso della sua continuità, da Kohl a Schroeder fino a Merkel: il perseguimento dell’interesse nazionale tedesco all’interno del progetto europeo, ovvero la capacità di piegarne lo sviluppo affinché la Germania ne possa trarre il maggior beneficio. Che si tratti dei tempi e dei modi dell’allargamento a Est, del varo dell’euro, dell’ossessione per l’austerità economica o della gestione dei migranti, poco cambia: in ognuno di questi dossier è stata la Germania il Paese che ne è uscito vincitore. Così il risultato di una “Europa tedesca” ha decisamente prevalso su quello di una “Germania europeizzata”.
Il libro ha il pregio di affrontare e connettere in maniera convincente una serie di grandi questioni che sembrano affastellarsi le une sulle altre in questi ultimi mesi e di trattarle al di fuori di ogni artificio retorico consolatorio. Ne è un esempio il modo in cui tratta di un tema delicato come l’ondata migratoria di quest’ultimo triennio, stigmatizzando come gran parte della sinistra non sia «giunta a comprendere quali reali problemi sociali e culturali sollevasse un’immigrazione di massa che stava avvenendo in tempi brevi e quindi con forti impatti immediati nei Paesi d’arrivo» mentre, anziché «continuare a minimizzarli, quando non a dissimularli, perché si trattava di questioni dai risvolti politicamente imbarazzanti, si sarebbe dovuto affrontarli con una visione realistica e misure efficaci di prevenzione e regolazione sul piano normativo”.
In conclusione, occorre sottolineare ancora una volta come si tratti di un lavoro quanto mai utile e straordinariamente tempestivo, ricchissimo di informazioni e capace, soprattutto, di fornire una chiave di lettura di questa fase così drammatica della nostra contemporaneità. Il libro di Castronovo aiuta veramente il lettore a rifuggire dalla facile fascinazione dei luoghi comuni e da quel “benpensismo” giaculatorio così diffuso in Italia, capace solo di rendere il miglior servizio ai peggiori pensieri che sempre più sembrano riempire la testa a tanti nostri concittadini.
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