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Quel che resta del molo

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Quel che resta del molo

I «Floating Piers» pronti, il giorno prima dell’apertura
I «Floating Piers» pronti, il giorno prima dell’apertura

Un mese fa, quasi esattamente, la grande installazione dei Floating Piers, le banchine galleggianti colorate di Christo, è stata smontata. Finita, per sempre. Per sempre? Sono stato a “camminare sulle acque”, primo miracolo di Christo sul Lago d’Iseo, due giorni dopo l’inaugurazione. Non c’era ancora l’intoppo clamoroso dei giorni successivi, ma eravamo in migliaia, sotto un sole bollente, divertiti, ammirati, sorridenti, straniti.

I Floating Piers dell’artista bulgaro sono durati pochi giorni: e ora vivono – sì, certo – nei numeri fatti registrare, nelle cifre dell’impatto economico, nel valore del brand rivitalizzato del lago, ecc..., ma vivono, soprattutto, nei ricordi: nelle foto, al limite, e nelle sensazioni, sicuramente, di chi c’è stato. Unici souvenir concreti: un coriandolo della tela cangiante usata per i moli o, per chi se lo può permettere, i disegni preparatori dell’artista: messi all’asta, saranno anche la fonte di reddito che ripaga l’intero progetto. Ma un “ricordo”, e un approfondimento ulteriore, c’è, e lo consiglio vivamente: si tratta del libro fotografico The Floating Piers. Lake Iseo, Italy, 2014-2016 (molto bello, Taschen, pagg. 128, € 19,99, it-ing.).

Parte da prima dei moli , dal 2014, e si ferma al prima. E ripercorre, passo dopo passo, tutto ciò che è stato pensato e ideato e costruito e testato e realizzato perché la gente potesse provare l’esperienza dei pontili colorati. Un dietro le quinte difficile da immaginare, anche per chi bazzica l’arte contemporanea. Lo studio dei posti, i tempi, i sopralluoghi, le tecnicalità, i materiali, i rapporti industriali, il dialogo con le autorità...: c’è moltissima pratica e molta fatica, fisica intendo, per realizzare un’opera del genere.

Il libro, grazie alle fotografie di Wolfgang Volz e alle didascalie molto felici (un esempio per i musei), ci fa capire quanta dedizione, impegno, lavoro e amore (no, business no!) ci sono voluti per l’opera. E non è per niente vero che i Floating Piers erano una passarella verso il niente. Sono stati, anzi, l’opposto. Delle migliaia di persone che “hanno partecipato” all’opera, per la stragrande maggioranza era il primo, e forse unico, contatto con un’opera d’arte contemporanea. Molti l’hanno scambiata per un’infrastruttura, molti erano lì solo per una scampagnata, o per esserci, e per dirlo. Eppure, tutti capivano al volo la semplice, misteriosa, bellezza che sperimentavano di persona. L’inedito, altrimenti impossibile, muoversi sulle placide acque, la visione del lago e del panorama da angoli inconsueti, la certezza di avere a che fare con uno spiazzante, coloratissimo e poetico momento nel quale l’arte si materializzava, letteralmente, sotto i piedi. Ecco: più di tutto Christo, secondo e vero miracolo, ci ha regalato la meraviglia e l’irripetibilità di quel lungo momento. L’opera è qui, ci ha detto; è adesso; e voi, noi, ci siamo dentro e siamo (tutt’insieme: la natura, la struttura, la sua idea e realizzazione, l’emozione, il caos), l’opera. Il genio si esprime in molti modi; ma sempre ci fa vedere la realtà da prospettive che non avevamo indovinato. Ci sospende dal normale. Ci voleva Christo perché chi abita il lago da millenni “vedesse” davvero i suoi luoghi, stavolta col filtro dell’arte. Il Lago d’Iseo non sarà mai più lo stesso: è ora un ricordo collettivo, concreto, già flebile ma molto forte. Un noi, un luogo: l’esperienza stessa dell’umanità; un miracolo che riesce sempre all’arte. A maggior ragione, stavolta.

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