
Il giorno di «Jason Bourne» è arrivato: il nuovo film di Paul Greengrass con Matt Damon è stato presentato nell'affascinante cornice della Piazza Grande di Locarno per la gioia dei tanti fan della popolare saga ispirata ai romanzi di Robert Ludlum.
Si tratta del quinto capitolo cinematografico della serie (il quarto era lo spin-off «The Bourne Legacy» con Jeremy Renner) e segue gli eventi accaduti in «The Bourne Ultimatum» del 2007.
Bourne si trova in Grecia, mentre la CIA viene hackerata e il direttore dell'agenzia Robert Dewey scopre che dietro le intercettazioni c'è Nicky Parsons (nome che porta direttamente a Jason Bourne). L'ex agente, interpretato da Matt Damon, si troverà così sotto attacco e sarà costretto a fuggire per potersi salvare.
Notevole nel ritmo e dotato di una serie di sequenze adrenaliniche e spettacolari al punto giusto, «Jason Bourne» è un film che segue però traiettorie narrative consolidate (per non dire, a tratti, scontate) e che rischia molto poco sul piano della sceneggiatura. Non a caso, per scrivere il copione, Greengrass ha voluto insieme a lui il montatore Christopher Rouse: una scelta che ha certamente favorito la dinamicità dell'azione, ma limitato lo spessore narrativo e drammaturgico.
In mezzo a tanti riferimenti all'attualità (a Snowden, in primis), a Greengrass interessa spingere sul versante action della vicenda, mentre i “colpi di scena” sanno troppo di già visto e sono facilmente intuibili.
Il risultato, così, convince a metà, ma c'è comunque da segnalare una sequenza straordinaria e tra le più riuscite dell'intera stagione cinematografica: l'incontro tra Bourne e Nicky Parsons durante le dimostrazioni in piazza ad Atene per protestare contro la crisi.
In concorso, invece, è stato presentato l'interessante «Slava» di Kristina Grozeva e Petar Valchanov.
Protagonista è Tsanko Petrov, un ferroviere che trova sui binari milioni di lev e decide di consegnare l'intera somma alla polizia. In cambio, lo stato gli regala un nuovo orologio da polso che… smette presto di funzionare.
È solo l'inizio di una lunga serie di disavventure burocratiche per Tsanko, disposto a lottare pur di riottenere la dignità perduta.
Già conosciuti in Italia con «The Lesson – Scuola di vita», uscito pochi mesi fa nelle nostre sale, i due registi bulgari proseguono la riflessione sull'ipocrisia delle istituzioni del loro paese natale: la loro messinscena è molto semplice ma piuttosto efficace, e il loro «Slava» un piccolo film ma dal discreto respiro politico e sociale.
La pellicola si incarta leggermente nella parte centrale, ma i messaggi arrivano forti e chiari e anche gli attori sono credibili al punto giusto.
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