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Roland Barthes musicista

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Roland Barthes musicista

Roland Barthes aveva innanzi tutto ambito essere musicista. Aveva studiato il canto con Charles Panzera. La malattia lo costrinse a interrompere. Dopo un soggiorno a Leysin [scil: in sanatorio], la sua vocazione, per forza di cose, fu unicamente letteraria. Ma mi ricordo averlo ascoltato eseguire, con delicatezza, brani romantici di pianoforte: Schubert, Schumann. La sua anima segreta era musicale: è la convinzione che si è rafforzata in me, sempre più, nel leggerlo, nell’incontrarlo.

La sua eleganza, la sua gentilezza (nelle quali la semplicità s’univa a un’esigenza di stile), la sua acutezza erano di coloro che prendono a modello della loro esistenza la perfezione d’una melodia. La sua opera letteraria, a considerarla nel suo insieme, è quella di un musico delle idee.

Lo si è preso, negli anni Sessanta, per un semiologo, per un teorico della letteratura. Ed è vero che si era appassionato alla semiologia e alla teoria letteraria: ma solo per comporre, in quel linguaggio, la propria musica, seduttrice e singolare. Ebbe il suo periodo semiologico, come Picasso il suo periodo cubista, perché l’esperienza valeva la pena di essere tentata. Poi sono venute altre intraprese, sollecitate dal fascino della scoperta e della meraviglia (la sua e quella degli amici). Si era impegnato nella pittura e sognava di scrivere un romanzo; e forse avrebbe scritto non un romanzo, ma un bel libro sul bisogno di romanzo.

E l’astrazione, qui e là, del suo vocabolario? I suoi neologismi di tono pedantesco? I suoi paradossi? Vedrei in essi le ironie difensive e offensive di una persona straordinariamente sensibile, sensualmente aderente alle apparenze del vivere – dissimulando e sviando attraverso formule armate da capo a piedi. In ciò s’approssima a Valéry, ben più che non si sia riconosciuto: stessa curiosità per i giochi formali, stessa disposizione per la nota breve e franta, stessa reticenza di fronte a ciò che è affrettatamente assunto per verità, stesso piacere mefistofelico di strappare le maschere onorabili e di rivelare, sotto di esse, un nulla che si faceva passare per l’Essere. E ad aggiungervi un tocco di perversione, si farebbe di Barthes un nostro contemporaneo… –

Pubblichiamo qui la commemorazione che Jean Starobinski dettò per un supplemento letterario svizzero, all’annuncio della scomparsa di Roland Barthes, 26 marzo 1980.

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