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Da un Renoir all’altro

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di padre in figlio

Da un Renoir all’altro

Alla scrivania. «Jean Renoir», Pierre-Auguste Renoir, 1899
Alla scrivania. «Jean Renoir», Pierre-Auguste Renoir, 1899

Il padre era niente meno che il grande pittore Pierre-Auguste Renoir (1841-1919); ma il suo secondogenito Jean non sembra aver sofferto affatto del complesso di inferiorità che spesso affligge i “figli di”. Jean Renoir (1894-1979) ha trovato una sua modalità espressiva altrettanto forte e originale, che gli ha permesso di diventare uno dei più grandi maestri del cinema francese del Novecento.

E la sua profonda e raffinata capacità di dipingere situazioni e stati d’animo, di ritrarre personaggi e scene di vita che si impongono nella memoria degli amanti del cinema (come non ricordare, tra i suoi film muti in bianco e nero, Nanà, dal romanzo di Zola, o il successivo, sonoro, Madame Bovary, dal romanzo di Flaubert, o La scampagnata, da un racconto di Maupassant, per andare a uno degli ultimi, con Anna Magnani, La carrozza d'oro, tratto da un'opera di Mérimée), richiama sicuramente il talento del padre pittore impressionista, che attraverso il pennello ha reso immortali volti e paesaggi.

Intorno agli anni Sessanta, in un momento di stallo dei suoi lavori cinematografici, Jean si dedicò all'altra sua grande passione, la letteratura. E decise di scrivere un libro, proprio su suo padre: Pierre-Auguste Renoir, mon père, che esce ora per Adelphi nell'elegante traduzione di Roberto Ortolani. Un appassionante racconto della vita del pittore più amato della sua epoca, che ne ricorda gli esordi, la schiettezza, il talento, la semplicità, la generosità, la tenerezza, l'amore per il corpo femminile, mirabilmente ritratto in tele sublimi. Una biografia che è anche uno spaccato interessantissimo della Francia (e di Parigi in particolare) a cavallo tra Ottocento e Novecento, in uno dei periodi più fecondi e complessi della storia dell'arte.

Un libro a tratti commovente, mai patetico, scritto con uno stile ironico che denuncia manie e vizi dell'artista, ma sempre rispettoso prima di tutto di ciò che era Renoir per chi scrive, suo padre. E come tutti i padri per tutti i figli, anche Pierre-Auguste resta per Jean, e dunque per il lettore, un mistero affascinante, che in queste pagine si cerca di sondare e ammirare, ma certamente non di risolvere. «Potrei scrivere dieci, cento libri sul mistero Renoir e non riuscirei a venirne a capo». Anche perché «l'essenza di Renoir, la sua intimità più profonda», si trova senza alcun dubbio «nella pittura». Ed è lì che, ancora e sempre, la possiamo cercare.

Jean Renoir, Renoir, mio padre, traduzione di Roberto Ortolani, Adelphi, Milano, pagg. 433, € 22

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