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Radio Vaticana intervista Mozart

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Radio Vaticana intervista Mozart

Si parte con Mozart e si finisce con Colombo Cristoforo: il catalogo è questo, e contempla altri illustri defunti della storia dell’arte, della letteratura, della scienza. Si va appunto dai talenti della musica, come Mozart e Stradivari, a maestri della bellezza quali Buonarroti e Degas e a luminari della ratio come Galilei e Fermi: in tutto sono diciotto le celebrities protagoniste dei Dialoghi dell’inconscio, una serie di interviste immaginarie condotte da tredici autori viventi e curate da Laura De Luca e Marialuisa Bignami – interviste ora raccolte in un libro dopo che, tra il 2009 e il 2015, erano state trasmesse da Radio Vaticana.

Questi “improbabili colloqui”, scelti fra gli oltre cento andati in onda, «si riallacciano volutamente a un genere di trasmissione lanciato fra il 1973 e il 1975 dalla gloriosa giornalista Lidia Motta. Il programma si intitolava appunto Interviste impossibili ed è diventato quasi un mito», spiega nella presentazione Remo Ceserani.

È una sottile, febbrile ironia a fare da filo rosso a queste conversazioni immaginarie: gli intellettuali, disarcionati dall’empireo, si mostrano qui nelle loro umanissime spoglie, chi con sorprendente umiltà, chi con sboccato cinismo, chi con brutale concretezza. Per dire, il Wolfgang Amadeus Mozart, “incontrato” da Franco Cardini, parla di «calci nel culo» ma non di «genio. E che roba è?», mentre lo spassosissimo Colombo, intervistato da Massimo Pedroni, è un istrione da palcoscenico, che scalpita per iniziare la recita: «Ma quale Ammiraglio. Siamo sulla terraferma giovanotto, non ci sono mari qui, né navi, tanto meno quindi ammiragli. Non so cosa lei possa volere da me, comunque lo chieda in maniera rapida e concisa».

Agatha Christie (Carla Dolazza) è pragmatica, fin spiccia e scorbutica, tanto quanto Daniel Defoe (Marialuisa Bignami) è impaziente e cinico, nel suo incalzare l’interlocutrice con l’infelice appellativo di «Madama Curiosità». Il più nutrito è il gruppo dei saturnini, disincantati e melanconici, pigri e pensosi: ci sono Stevenson e Carlo Lorenzini (Marcello Lazzerini); Chopin (Laura De Luca) che nacque «pensando di essere un tasto d’avorio» e Stradivari (Arcangelo Esposito) che «cerca voci».

Il poeta Jaufré Rudel appare come un fantasma, «ombroso e presente, fragile e insieme energico», così come Degas si appalesa nella nebbia e confessa a Ruggero Savinio il suo «cattivo umore», la sua «proverbiale ipocondria. Mi sono fatto la fama di caratteraccio, di caustico, di triste, addirittura di cattivo. Io lasciavo dire: mi serviva per crearmi intorno un muro di difesa. Difendevo la mia intimità, la mia solitudine fatta di accanimento nel lavoro, di tensione nel lavoro, di scontentezza del lavoro».

Nella categoria “ebbrezza della scienza” concorrono Enrico Fermi e Galileo Galilei, intervistati da Giovanni Bignami e Marcello Lazzerini. Entrambi, forse, amano le belle lettere più dei numeri; vogliono «ricondurre la fantasia del poeta a uno schema geometrico» e se la prendono con la cattiva stampa che semplifica la fisica: «L’espressione “particella di Dio” è sbagliata. Il mio amico Leon Ledermann, che l’ha inventata, seccato dai giornalisti, disse: “That goddam particle”, espressione irrispettosa, quasi una bestemmia, che significa “Quella stramaledetta particella”».

Scorbutico e fumantino è Michelangelo Buonarroti, ossessionato dalla materia e dal rosso, quanto Cathy Earnshaw spasima per il demonio Heathcliff o il Belli recalcitra alle domande di Fabio Della Seta. Più lievi e sornioni sono, invece, il Machiavelli di Evelina Piscione e il Virgilio di Ennio Cavalli, un poeta in bemolle, autoironico e realistico: «L’opera di uno scrittore rimasto attuale dopo oltre duemila anni di storia è come un velivolo senza pilota».

Vi è poi un esperimento ardito, in cui è il vip morto a incalzare l’autore contemporaneo, ovvero «Marshall McLuhan incontra Gianpiero Gamaleri»: poiché il prof italiano non si decideva a consegnare lo scritto, la curatrice Laura De Luca (anche regista delle pièce radiofoniche) ha pensato bene di ribaltare la prospettiva e di farlo intervistare dal sociologo canadese, confondendo così le acque della realtà e della finzione. Alla fine, vien da chiedersi se le interviste impossibili siano un genere letterario o intercettazioni rubate al chiacchiericcio quotidiano, a quello sciame di parole e parole che tiene insieme il mondo e lo fa girare.

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