Cultura

Loasso, non spigola!

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Loasso, non spigola!

  • –Maurizio Maggiani

Ringraziando Iddio anche quest’anno Giggi mi ha portato un loasso, non un granché, un chilo un chilo e due, ma sempre meglio che restare senza. Lui dice luasso e io dico loasso, ma sulla natura dell’oggetto ci intendiamo benissimo, è pur sempre il pesce che fu dato per estinto già nel secolo passato e da decenni ormai è stato soppresso dalla tabella delle specie viventi dall’apposita commissione UE; in quella sede i francesi si impuntarono perché il termine vivente fosse sostituito da esistente, vigliaccamente intenzionati a negarne l’esistenza stessa.

Gelosie di confine, il loasso, o luasso, è pesce autoctono dello specchio di mare compreso tra il golfo di Paraggi e la Baia del Silenzio, mar Ligure, repubblica genovese, e si capisce che gli girano le palle ai francesi. Gli girano perché il loasso ha le carni più saporite e compatte e preziosamente profumate tra tutte le creature del mare di indole commestibile, e il più raro tra tutte costoro e il più ambito.

Da un punto di vista morfologico trattasi di una mutazione evolutiva della spigola branzinata a seguito di incrocio con l’atlantico pesce lupo, di cui in effetti fu rinvenuto un esemplare nelle acque di Vesima agli inizi del XIX secolo.

Dalla parte dello spirito è il pesce della trascendenza, il tramite del mistico abbandono all’incommensurabile, il pesce pejote. Il suo stesso esistere oltre l’estinzione, contro ogni evidenza scientifica ne ho appena messo nel forno un esemplare di un chilo un chilo e due, è ultraumana e supernaturale persistenza dell’essere nel tempo.

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