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Se vai a Londra vedi Mosca

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Musica

Se vai a Londra vedi Mosca

Al National Theatre di Londra (nationaltheatre.org.uk) rara occasione di vedere nella stessa giornata le tre commedie di Čechov Platonov, Ivanov, Il gabbiano. Si alternano in scena anche singolarmente; ma circa ogni 10 giorni c’è il three-play day – l’ultimo l’8 ottobre. Mettiamo così a fuoco tre testi un poco trascurati, concentrati come siamo su quelli più noti di Čechov, Il giardino dei ciliegi, Tre sorelle, Zio Vania. Apprezzandoli per quello che sono – sprazzi entusiasmanti di giovane rabbia e slancio romantico - piuttosto che per quello che anticipano. Il vantaggio speciale di vedere Il gabbiano assieme agli altri due è comprendere quanto ruoti attorno ai benefici e ai pericoli dell’essere giovani. I sogni e le ambizioni dei due personaggi più giovani, Konstantin e Nina, sono deliberatamente distrutti dalla gelosia dei più grandi.

La nuova traduzione e adattamento, che mettono in rilievo questi aspetti, sono affidati a David Hare, tra i migliori autori teatrali inglesi, nominato agli Oscar per le sceneggiature di film usciti anche in Italia come The Reader – A voce alta (con Winslet e Fiennes), The Hours (con Streep, Kidman, Moore); sua è anche quella de Il danno (regia di Malle, con Irons e Binoche). Bella la regìa di Jonathan Kent (fondatore dell’Almeida Theatre e pluripremiato agli Olivier), scene di Tom Pye (Premio Abbiati per Morte a Venezia alla Scala); con Anna Chancellor (Downton Abbey, Quattro matrimoni e un funerale, The dreamers). Secondo Hare Il gabbiano è il dramma “most perfect” fra quelli di Čechov. In superficie sembra un testo sul teatro e sulla scrittura. Ma quello che veramente lo percorre è la lotta per creare nella vita qualcosa che rimanga e che abbia valore. Un bella distanza dall’Osip in Platonov, che vive nella foresta come un rapinatore, al Konstantin sognatore proteso verso i nuovi linguaggi teatrali. Veniamo portati dall’Ottocento al Novecento – e da lì all’oggi. Assistiamo alla nascita del Nuovo.

È sempre Russia Season, in questa Londra d’agosto dove i teatri sono in piena attività. La Royal Opera House ha accolto il Balletto del Bolshoi – tre settimane conclusesi da poco. È una tradizione, la visita estiva della Compagnia moscovita. La prima volta fu esattamente sessant’anni fa, in assoluto la prima uscita in Occidente per i celebri complessi, oggi diretti da Makhar Vaziev (ritornato in Russia dopo il periodo, rimpianto, alla Scala). Hanno presentato Lago dei cigni, Il Corsaro, Don Chisciotte, La bisbetica domata. E Le fiamme di Parigi. Quale occasione migliore per vedere uno dei grandi balletti dell’epoca sovietica? (al Bolshoi dall’11 al 13 novembre oppure in Giappone nel giugno 2017 bolshoi.ru/en). Nel 1932 al governo c’è Molotov che dà esecuzione alle purghe staliniane, inizia la grande carestia in cui muoiono milioni di ucraini, mentre il Politburo ’normalizza’ le associazioni degli artisti. Nel 1932 Sostakovic dedica al collega Asafiev la Lady Macbeth, ma cancella la dedica nel 1936 quando quest’ultimo sostiene la Pravda nella condanna dell’opera. Nello stesso anno Asafiev scrive la musica per Le fiamme di Parigi; la coreografia, riscritta nel 2008, è di Ratmansky, già direttore del Bolshoi, oggi con l’American Ballet Theatre – alla Scala in luglio è stato rappresentato il suo Lago dei cigni. Grandi scene di massa, spettacolari, nello scoppio della Rivoluzione Francese, con quaranta danzatori di grande bravura; storie d’amore che si intrecciano fra le classi con solisti d’eccezione; teatro nel teatro con il re che assiste a uno spettacolo di danza, la ghigliottina e il gran finale con tutto il popolo rivoluzionario che avanza compatto e minaccioso verso il proscenio: a Leningrado avevano visto Il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo?

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