Cultura

La vendetta di Rosaleen

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ANNE ENRIGHT

La vendetta di Rosaleen

Anne Enright (Marka)
Anne Enright (Marka)

Una famiglia irlandese alle prese con la tradizione e con l’atavico problema della diaspora, immersa negli stereotipi affettivi, afflitta dalle gerarchie e dai condizionamenti ancestrali: questo sono i Madigan, coagulati intorno alla figura matriarcale di Rosaleen, che ha generato quattro figli (Hanna, Dan, Constance e Emmet), legati ai ricordi provinciali della contea di Clare, dove sono cresciuti a stretto contatto con il paesaggio dell’Isola di Smeraldo, così mutevole e impietoso, così disperato e ridente, negli improvvisi squarci di luce che scostano le barriere di pioggia. Rosaleen è vedova e si sente alla fine della vita, una vita trascorsa interamente nel ruolo di casalinga in una casa di campagna alla sommità di una strada verde che si dipana da Ardeevin verso ciglioni e muri a secco, oltrepassando ruderi di case, prati e torbe, fino ad affacciarsi sul mare azzurro e vivido nei giorni di tempesta, il mare d’Irlanda.

Sulla linea attorcigliata di questa strada si depositano, accumulandosi negli anni, le vicende di Pat Madigan e Rosaleen Considine, una coppia come tante, intente ad amarsi e ad ignorarsi, nel duro lavoro dei campi e nella crescita dei figli. Ed è in questo luogo della memoria che Anne Enright, irlandese, classe 1962, ambienta il suo ultimo romanzo, intitolato La strada verde, che ci racconta le storie separate dei figli di Rosaleen, e che li riunisce con un artifizio efficace come quello della “family reunion” per la festività natalizia del 2005. Enright è una narratrice puntigliosa, capace di approfondimenti psicologici che ben si accasano con le descrizioni di colore. Lo vediamo assai chiaro nella sua precedente opera, La veglia (Bompiani 2007), che gli è valsa un inaspettato Man Booker Prize nel 2007, in cui viene descritta la struttura canonica della famiglia irlandese: un luogo dove c’è sempre un componente alcolista, un prete, un bambino sopraffatto, un sogno di successo frustrato, oltre a una madre-matrona, dominatrice «nel letto e nella cucina».

La strada verde, infatti, utilizza tutti questi elementi ricostruiti con soavissima cura, ma lo scopo è ben diverso: essi appaiono ribaltati, nel contesto parentale rivisitato negli anni della “Celtic Tiger” (gli anni Ottanta pieni di speranze economiche) e su su fino alla prima decade del nuovo secolo. Si diceva dell’artifizio narrativo: l’idea del pranzo di Natale come momento in cui tutti i membri di una famiglia si riuniscono mettendo in comune contraddizioni e idiosincrasie reciproche ci può far pensare al T.S.Eliot teatrale (Cocktail Party) o al Joyce de I morti (descrizione del menù “etnico” compresa), e qui serve innanzi tutto a mostrare una complessa condivisione di ricordi fra i quattro figli di Rosaleen. Ma ciò che preme a Enright è la possibilità di spiegarci come una famiglia può sfaldarsi a partire dal simbolo “storico” della coesione: la madre che, invece di conservare eternamente i valori dell’unità, decide di distruggerli, insieme con i ricordi, annunciando che metterà in vendita la casa avita, soggiacendo alle offerte allettanti di un parente immobiliarista.

Il romanzo di Enright è in realtà una raccolta di racconti, ognuno intitolato ai figli di Rosaleen, che ci illuminano sui loro fallimenti. A partire da Hanna, che avrebbe dovuto fare una strepitosa carriera come attrice ma che finisce nelle spire dell’alcol, per proseguire con Dan, che avrebbe dovuto diventare prete (dare dunque lustro alla famiglia, come vuole la tradizione), ma che ha lasciato la veste per immergersi negli ambienti artistici di New York e scoprire la propria “scandalosa” omosessualità. Con l’aggiunta di Constance, la figlia più vicina a Rosaleen, che vive una vita anonima come farmacista, incapace di dare estro e vigore alla propria relazione sentimentale, anch’ella presa dalla vocazione materna, e infine di Emmet, che si dedica a compiti umanitari in Mali, ma che si domanda a cosa serva il suo lavoro in un sistema corrotto e inefficace, sempre alla ricerca di una figura femminile capace di sostituire la madre.

I Madigan si ritrovano a Ardeevin ognuno con i propri insuccessi; e ognuno, più o meno inconsciamente, li attribuisce alla madre, senza in realtà aver mai approfondito i sentimenti della donna, da cui, appena hanno potuto, sono fuggiti (due di loro anche lontano fisicamente nel mondo). Ma Rosaleen, come ci dice Enright, è qualcosa di diverso e anche qualcosa di molto più complesso. Loro, in quel giorno di Natale, vorrebbero punirla per averli danneggiati; mentre alla fine sarà lei a vendicarsi per tutto l’amore che non hanno saputo (o voluto) darle. E come metterà in atto la vendetta? Dopo la cena scomparirà, se ne andrà sulla “strada verde” della sua vita, si alienerà a un mondo reietto per affacciarsi a quello del sogno. Anche se neppure il sogno servirà a darle appagamento.

Anne Enright, La strada verde, traduzione di Alessandro Achilli, Bompiani, Milano, pagg. 318, € 19

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