Cultura

Mostra di Venezia: Kim Ki-duk inaugura il “Cinema nel…

  • Abbonati
  • Accedi
Mostra di Venezia - Giorno 1

Mostra di Venezia: Kim Ki-duk inaugura il “Cinema nel Giardino” con «The Net»

The Net
The Net

C'è una nuova sala alla Mostra di Venezia di quest'anno e, di conseguenza, una nuova sezione: il “Cinema nel Giardino”.
Nonostante si tratti di una novità, gli organizzatori del festival hanno voluto inserire nella neonata sezione alcuni registi particolarmente noti, come James Franco (con «In Dubious Battle») e Gabriele Muccino («L'estate addosso»).
Nella lista, però, un nome svetta su tutti, quello del protagonista della prima proiezione per la stampa avvenuta nella “Sala Giardino”: Kim Ki-duk.

Il regista sudcoreano è stato spesso ospite della Mostra di Venezia, manifestazione che negli anni gli ha portato in dote un Leone d'argento per «Ferro 3» nel 2004 e persino un Leone d'oro per «Pietà» nel 2012.

Il suo ultimo film, «The Net», parte da un soggetto indubbiamente accattivante: il protagonista è un pescatore della Corea del Nord che finisce per andare alla deriva verso la Corea del Sud a causa della rottura del motore della sua barca. Dopo aver subito brutali interrogatori, viene rispedito a casa ma prima di lasciare la Corea del Sud, avrà modo di pensare a lungo a quella società che contrasta con l'immagine “sviluppata” del suo paese natale.

Non è la prima volta che Kim Ki-duk parla del contrasto tra le due Coree (basti pensare a «The Coast Guard» del 2002), ma mai come in «The Net» l'ha fatto in maniera tanto esplicita e decisa.

Il regista di «Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera» (2003) riflette su quanto possano essere distanti lo sviluppo economico e la felicità del popolo e su quanto alcune dinamiche possano essere le medesime da nazione a nazione (emblematico il fatto che, una volta tornato a casa, il protagonista sia sottoposto a interrogatori molto simili a quelli subiti in Corea del Sud).

Funziona sul versante politico e sociale «The Net», film ricco di spunti tutt'altro che banali, mentre diversi limiti sono da annoverare a un apparato formale eccessivamente grezzo e spesso incapace di trasmettere le sensazioni vissute dal pescatore protagonista.

La forza poetica che contraddistingueva molti titoli dell'autore (da ricordare anche «La samaritana» del 2004 e «Soffio» del 2007) qui si sente solo raramente e il messaggio politico che il regista sudcoreano vuole lanciare prende troppo spesso il sopravvento sulla cura delle immagini e del montaggio.

Un'evidente prolissità complessiva, inoltre, contribuisce a limitare lo spessore di un lungometraggio a tratti efficace, ma troppo poco coeso e incisivo per poter colpire e convincere fino in fondo.

© Riproduzione riservata