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Cinema

Venezia 73: con “Tutti a casa” di Comencini la rinascita dell'identità di una nazione

VENEZIA - Era commosso, silenziosamente, orgogliosamente commosso Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico che ieri sera quasi in incognito – come aveva promesso loro da tempo - ha portato i suoi figli alla Sala Darsena per la proiezione della copia restaurata del film “Tutti a casa” di Luigi Comencini, suo nonno, che ha aperto la rassegna Venezia classici nella preapertura della Mostra.

Commosso anche chi come lui ha “mangiato” pane e cinema perché, fin da bambino, con la madre Cristina, ha ritrovato in quelle immagini del bianco e nero restaurato dalla Cineteca nazionale il senso profondo di un grande amore per il nostro Paese, per i suoi pregi e i suoi difetti, l'identità ferita dalla tragedia dell'8 settembre. Le parole della figlia Francesca prima della proiezione hanno raccontato le sofferenze e le speranze del Luigi Comencini bambino (nato a Salò cento anni fa) che a sei anni si trasferisce in Francia e davanti ad ogni treno che passa corre con il pensiero al suo Paese di origine.

Solo entrando in una sala cinematografica che proietta un film di Pabst trova sollievo alle sue ansie e da lì nasce quell'amore per il cinema che lo accompagnerà per il resto della vita. Un film “Tutti a casa”, ricorda Francesca, che racconta un Paese sfinito, in ginocchio tradito dalla politica eppure vitale che la Mostra ha scelto per riportare Comencini in quel Pantheon dei grandi del cinema italiano dal quale era stato spesso tenuto ai margini.

C'è, nel film il racconto di un Paese: il Veneto, la foce del Po, l'Emilia, Littoria, Napoli; le campagne ancora rigogliose e le città in rovina. Ma soprattutto c'è la volontà di rialzarsi, di ritrovare il senso di una comunità, di un Paese. Il tenente Innocenzi (Alberto Sordi) che nelle ultime immagini del film, contro il parere di tutti i suoi compagni di sventura, va a soccorrere il geniere Ceccarelli (Serge Reggiani) ferito a morte dai tedeschi, racchiude il ritrovato senso morale della nazione disgregata che sta per rinascere. Sordi riprende in mano le proprie responsabilità aiutando gli scugnizzi dell'insurrezione di Napoli a piazzare al meglio una mitragliatrice insieme ad un altro ufficiale ancora in divisa del Regio esercito. E' il 28 settembre del '43, l'inizio della guerra di liberazione fatta da tanti “Tenenti Innocenzi” che dissero no al fascismo in Italia restando nei ranghi delle Forze armate o come internati nei campi nazisti.

Il film si chiude con la sovrimpressione di quella, data 28 settembre 1943. Comencini ci teneva molto a quella scritta perchè dava il senso del riscatto, il messaggio che dietro il vigliacco rompete le righe del “Tutti a casa” si stava realizzando un vero progetto di nazione. Quella scritta fu soppressa come alcune scene del film che nell'Italia degli anni '60 secondo il produttore o i censori dell'epoca, potevano contenere messaggi troppo “divisivi” in un clima ancora troppo caldo di contrapposizioni ideologiche. Ora il restauro ha ricomposto la versione integrale compresa la scena in cui nel camion della borsara nera (Didi Perego), Sordi commenta: “Ma se il Re può andare a Brindisi potrò io andare a Roma?”. Una bella preapertura perchè il film del futuro, quello che si guarderà in questa 73° rassegna, ha bisogno di fondare su solide radici nel passato come quei pochi, incantevoli fotogrammi dei fratelli Lumiere (anno 1896) che per la prima volta danno vita nei sali d'argento alle “vedute vive” di Venezia anche queste proiettate ieri sera in sala Darsena con il commento in diretta diun ospite d'eccezione, il direttore del festival di Cannes, Thierry Fremaux.

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