
Delude uno dei primi film italiani presentati a Venezia 2016: in attesa dei tre titoli di casa nostra inseriti in concorso – «Spira Mirabilis» di Massimo D'Anolfi e Martina Parenti, «Piuma» di Roan Johnson e «Questi giorni» di Giuseppe Piccioni – nella sezione Cinema nel Giardino è stato proiettato l'ultimo, debole film di Gabriele Muccino, «L'estate addosso».
Protagonista è Marco, un ragazzo appena diplomato, incerto sul proprio futuro. L'estate “della maturità” sarà però molto diversa da come se l'era immaginata: per una serie di fortuite coincidenze riesce a partire per San Francisco ma, insieme a lui, viaggerà anche Maria, una compagna di scuola che Marco

considera conservatrice e pedante. All'arrivo verranno accolti da una coppia di ragazzi americani con cui intraprenderanno un viaggio alla ricerca di loro stessi.
Classico racconto di formazione che cerca di rappresentare metaforicamente il passaggio dall'adolescenza all'età adulta, «L'estate addosso» è un film piuttosto insipido e che sa molto di già visto, incapace di sviscerare opportunamente i tanti spunti messi in campo.
Davvero troppa la carne al fuoco e del tutto scarso l'approfondimento psicologico di personaggi con cui si fatica tremendamente a empatizzare.
I giovani attori s'impegnano ma non basta, mentre la colonna sonora firmata da Jovanotti risulta più invadente che efficace: non sempre le canzoni si sposano adeguatamente con immagini scandite da un montaggio poco brillante e non in grado di dare il giusto ritmo al viaggio di Marco e Maria.

Non fa di meglio «El Cristo ciego», film cileno che è stato presentato in concorso.
Diretto dal giovane Christopher Murray, ha per protagonista Michael, un ragazzo che ritiene di aver avuto un'epifania divina nel deserto.
Nel suo villaggio lo prendono tutti per matto, ma quando Michael scopre di un incidente avvenuto a un suo amico, si mette in viaggio per dimostrare la veridicità del suo contatto col divino e guarire l'amico con un miracolo.
Film piccolo (a livello di budget) ma ambizioso per tematiche, «El Cristo ciego» non riesce a concretizzare le numerose suggestioni iniziali e finisce per risultare presto inconcludente ed eccessivamente piatto. La messinscena di Murray è scarna e minimale, tanto da apparire grezza e fin acerba in diversi passaggi.
Per tutto il film si aspetta una scintilla (un miracolo?) che non arriva mai e, nonostante la breve durata (circa 85 minuti), la sensazione è quella di essersi trovati davanti un prodotto ridondante e prolisso.
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