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Verso gli orologi nucleari

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Scienza e Filosofia

Verso gli orologi nucleari

 L’orologio planetario di Giovanni Dondi   del 1344 ricostruito nel 1963 e conservato  al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano
 L’orologio planetario di Giovanni Dondi del 1344 ricostruito nel 1963 e conservato al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano

Se uno degli orologi più sofisticati di cui attualmente disponiamo avesse cominciato a segnare il tempo al momento del Big Bang, oggi sbaglierebbe di meno di un secondo. È la strabiliante accuratezza degli ultimi orologi atomici, che accumulano un secondo di errore ogni quindici miliardi di anni, ovvero qualche decimillesimo di miliardesimo di secondo al giorno.

Sbalorditivo è anche il fatto che questi orologi consistono essenzialmente di atomi isolati che interagiscono con un fascio laser. I livelli di energia di un atomo sono quantizzati e un elettrone atomico si sposta da un livello a un altro assorbendo o emettendo fotoni solo quando il laser è sintonizzato esattamente sulla frequenza di transizione: determinando con precisione tale frequenza, si misura con altrettanta precisione il tempo.

Da sempre l’uomo ha misurato il tempo sfruttando qualche fenomeno ciclico – la rotazione della Terra (con l’apparente sorgere e calare del Sole), l’oscillazione di un pendolo, la vibrazione di un cristallo di quarzo. Gli orologi atomici si basano sullo stesso principio di funzionamento e lo applicano al nanomondo grazie agli sviluppi della fisica atomica e dell’ottica quantistica, che permettono ormai di isolare e manipolare gli atomi quasi a piacimento.

Il primo orologio atomico, costruito negli anni Cinquanta e basato su una transizione degli atomi di cesio, sbagliava di un centomillesimo di secondo al giorno – una prestazione incredibile per l’epoca. Da allora, l’accuratezza degli orologi è cresciuta di un fattore dieci ogni decennio, fino ai livelli attuali. È difficile tuttavia che una tale evoluzione possa continuare allo stesso ritmo. Da qui l’idea di sfruttare altri sistemi quantistici, più piccoli degli atomi e meno soggetti di questi a perturbazioni esterne: i nuclei.

Già qualche anno fa un gruppo tedesco aveva proposto di usare, come riferimento per la misurazione del tempo, una transizione ben definita tra due livelli energetici del torio 229. Dopo un lungo lavoro sperimentale, questa transizione è stata finalmente osservata e la via alla realizzazione dei primi orologi nucleari, dieci o cento volte più accurati di quelli atomici, è aperta. Che cosa dobbiamo aspettarci da orologi simili sul piano della scienza fondamentale e applicata? Intanto, essi ci permetteranno di capire se alcune costanti universali della natura – in particolare, la costante di struttura fine, che determina l’intensità della forza elettromagnetica – non siano, a dispetto del nome, lentissimamente variabili, come aveva ipotizzato per primo Paul Dirac negli anni Trenta, e come prevedono oggi alcune teorie.

Poi, non bisogna dimenticare che gli orologi atomici hanno spinto a un grado inimmaginabile di precisione le verifiche di uno degli effetti più importanti della relatività generale, il rallentamento gravitazionale del tempo.

Secondo la teoria einsteiniana, un orologio posto in basso, dove la gravità terrestre è più intensa, va più lento di un orologio posto in alto. I primi esperimenti, effettuati negli anni Settanta, verificarono questo fenomeno su dislivelli di chilometri; attualmente lo si fa, con i più recenti orologi atomici, su dislivelli di alcuni centimetri. Gli orologi nucleari permetteranno di misurare il diverso scorrere del tempo addirittura su scale submillimetriche, dove si comincia a entrare nella terra incognita della gravitazione e della relatività generale.

Infine, è possibile immaginare applicazioni più concrete, proprio sfruttando il legame relativistico tra tempo e gravità. Orologi ultraprecisi possono fungere in effetti da sensibilissimi sensori di gravità, utilizzabili per misurare le disomogeneità della crosta terrestre (che determinano piccole variazioni locali del campo gravitazionale) o persino, come è stato proposto, per monitorare i movimenti magmatici dei vulcani e, eventualmente, prevederne le eruzioni. Al di là di tutto, resta un fatto importante, che non può non essere motivo di meraviglia e di riflessione: la grandezza più misteriosa e indefinibile di tutte, il tempo, è quella che sappiamo misurare con maggiore precisione.

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