
Dirompente l'inizio di Torinodanza con l'israeliana Batsheva sempre superlativa per forza e sfumature del sentire, nelle mani del maieuta-demiurgo Ohad Naharin (presente a Torino per promuovere “Mr. Gaga”, il film danzante di ritmo e profondo di partecipazione che Torner Heymann ha girato su di lui, la sua compagnia, il suo linguaggio di movimento).
Ora, nel dipanarsi dell'intenso festival disegnato da Gigi Cristoforetti, è il momento di Mathurin Bolze, acrobata e coreografo aereo che ripresenta il suo spettacolo-manifesto artistico del 2002 “Fenêtres” (il 10 e 11 settembre) e porta l'evoluzione di questo, “Barons perchés” (dal 15 al 18), nato nel 2015.
Due spettacoli che prendono l'abbrivio dalle gesta “arboree” ed esistenziali del calviniano Cosimo Piovasco di Rondò e si collocano entrambi in uno stesso dispositivo scenico che consente di creare, con risvolti sul piano drammaturgico, una visione tridimensionale del mondo, dove il volume è protagonista.
La capanna-gabbia dove si svolgono l'assolo “Fenêtres” - un tempo interpretato dallo stesso Bolze e ora trasmesso a Karim Messaoudi - e il duo “Barons perchés” - ballato-volato da Bolze e Messaoudi – ha per pavimento un tappeto elastico che consente prospettive e libertà fisiche inaspettate.
Fra rimbalzi che sembrano al rallenti, momenti “antigravitazionali”, apparizioni e sparizioni in porte e botole (François Verret, Joszef Nadj e anche Kantor si percepiscono vicini), salti fuori misura - all'unisono o in calibrati sfasamenti dei due interpreti - i due spettacoli si svolgono su una logica del sogno, evocano un mondo sospeso. L'orientamento spaziale è da ridefinire, così come il giudizio sulle cose degli uomini. Si fa strada un mondo di mezzo, a parte – alternativo al sistema - che è quello delle utopie, non soltanto quella incarnata dalla vita del protagonista de “ Il Barone rampante”, ma ne vengono in mente altre, su un tono leggero, per esempio quella proposta dai protagonisti negli “Uccelli” di Aristofane.
In “Barons perchés” – che malgrado il titolo è, delle due pièces, quella che più si distanzia da Calvino - il protagonista si sdoppia, e il tema del doppio fa slittare i significati verso ulteriori scenari e dimensioni, amplia i caleidoscopici rimandi, da Dostoevskij, alla psicanalisi. Karim è, anche fisicamente, il perfetto alter ego di Mathurin e il rapporto fra i due personaggi è, per lo spettatore, tutto da disegnare con l'immaginazione. Si procede per flash, senza necessità cronologica e i paesaggi, che a momenti scorrono in un video, accrescono la sensazione che la capanna-gabbia della scenografia sia, per metafora, una navicella per viaggiare nel tempo e nello spazio. Di certo si procede su una frontiera, i due personaggi sono in grado tanto di schiantarsi, come di arrampicarsi sui muri. A differenza di Cosimo de “Il Barone rampante”, qui i protagonisti escono dallo spazio scelto inizialmente e finiscono in un fuori scena.
Lo spettacolo è ricco - attraversa la danza, l'acrobazia e il teatro -, è pronto ad incontrare pubblici trasversali. Come sottolinea il nome della compagnia - Les mains, les pieds et la tête aussi - qui si usa bene il corpo, ma anche la testa.
Dopo Bolze, il Festival si sposta a Lione per solcare la città con una sfilata di centocinquanta danzatori addestrati nei mesi scorsi da Roberto Zappalà. Contributo piemontese al grande défilé transalpino (il 18 settembre, mentre il 24 la sfilata sarà a Torino).
Torinodanza prosegue poi con le prime nazionali di coreografi di punta del panorama internazionale, dalle diverse e sfaccettate sensibilità. C'è grande attesa per “Nicht schlafen” (23 e 24 settembre) di Alain Platel sulle atmosfere della Vienna di Mahler, a un passo dalla Grande Guerra e “Auguri” (il 30 settembre e 1 ottobre) di Olivier Dubois, balletto a passo di corsa fra le traiettorie insondabili dei nostri destini.
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