Cultura

Quei campioni di profumo

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Scienza e Filosofia

Quei campioni di profumo

Vivere meno vivere tutti. Un’altra storia. Un uomo in condizioni disperate venne operato dopo un grave incidente; al risveglio il dottore disse: vivrà, ma ha perso una gamba. L’omo con spirito agonistico rispose: non potevano vincere tutte e due. Non si può vincere tutti? Ci si deve battere per essere primo o prima? Prima di cosa? Della morte, della vita, primo a morire ultimo a nascere. Agonismi, agonie. Lotta tra la vita e la morte. Chi vincerà, chi ce la farà? Ancora questa contrapposizione: la vita, una sola (la prima?), che si consuma clessidrea con la sua montagna di sabbia (più duna?) inseguita dalla morte, e prima ancora da malattie da combattere, dalla fame da debellare, o altre sfide esistenziali, cataclismi, guerre. Chi di spada ferisce... la smetta.

Dio della guerra, delle prove, delle tenzoni, Ares Marte Achille Golia Mirko Xena Olimpia Gino Macchiavelli Giusti fallaci greci rumeni spartani svizzeri argentini o del Real o della Spal... gioco forza vi chiedo di “battere” le ali, per provare ad alzarsi, non solo dopo aver vinto il sonno, per andar in alto, su, sopra i riflettori, non per primeggiare, ma per spaziare, senza dominare, per scrutare: per vedere cosa c’è di amichevole tra una mano e il suo fucile quando spara a un piattello o spara a un uccello o peggio a un fratello (o anche al fratello di quell’uccello: San Francesco dacci un altra mano); per scoprire se una partita di frutta sia più importante di una partita di calcio nell’Africa subsahariana, e chi sono davvero gli ultimi.

Per sentire le differenze che gridano di essere captate, senza perdere un “secondo”, quando si scrive o si parla di vergogna, onore, valori, sacrificio, patria, disciplina, sforzo, umiliazione, dolore e altri concetti bestemmiati negli eventi agonistici sportivi e non solo. Per capire che non esiste il “più grande di tutti i tempi”: sono i tempi i più grandi, non quelli fatti di decimi o millesimi ma i tempi che dobbiamo migliorare se vogliamo saper stare. Progresso vs Natura. Muro vs Muro. Nella pallavolo, nell’agone politico infernale, nel mercato, nel lavoro o nelle vite pregate, muro del pianto, gara di lacrime partite insieme: ma quale arriva prima in terra, e terra di chi? Corrono lungo il viso, non si conoscono nè si vedono, un naso le divide, una via aerea, un soffio, un respiro, affannoso.

Umori, corporei e caratteriali, l’uomo (campione di profumo?) emana, elimina, espelle, scattando e fuggendo dai suoi blocchi, di partenza. Vorrei parlar di certi scatti e partenze che spesso vediamo solo in foto, (fotografia fotografia per carina che tu sia sta un po’ via, cosi cominciamo a vedere senza un tramite). Vorrei dire di altre staffette, scambi di testimone, poi anche di colpe, alibi, fino alla condanna e alle sue innocenze preterintenzionali; non solo per arrivare a incensarsi sagrestianamente e celebrarsi per aver abbattuto un primato, il primate, un record, come fosse quel muro, incapaci poi di vedere aldilà dell’ostacolo, cioè lo sconosciuto che fa una paura da vincere anch’essa. Siamo terrorizzati dall’altro, costretti a batterlo perché non riusciamo a capirlo, come un malessere, sia esso un male o un essere, spinti a vincerlo per eliminarlo, quando va bene invidiandoci dopo esserci classificati, a vicenda.

Nella corsa delle religioni bello sarebbe che gli atleti si scambiassero le fedi prima di salire sui podi che vorrei perenni: ho progettato un istallazione artistica, «Podio infinito», proprio per cominciare dal quarto posto e andare avanti in eterno senza stabilire chi è migliore, salendo e scendendo da quei gradini che ci faranno sentire in tutte le «posizioni» non solo nelle prime tre, dorati argentati o bronzei che non siamo altro. Portabandiera: apri la porta lascia stare la bandiera, ci commuoviamo sempre durante l’inno, dopo o prima meno. «Lotto per mille»: lotteremo e l’otterremo ma non per l’orgoglio, per le carriere, per i soliti sogni di gloria, non per un risultato ma per diventare noi risultato, uniti alla metà, con l’altro. Dio degli accenti sposta gli obbiettivi, cambia abnegazioni, anche il mare si ritira ed è una forza incredibile lo stesso. Rivali avversari nemici: mors tua vita mea? Mors tua mors mea, vita tua vita mea! Ombra vs Luce.

Siamo uomini che non si vedono, sembriamo contro luce, invece di diventare lei la contrastiamo anche se poi abbiamo paura di restare nell’ombra e perdere visibilità. Contendenti accecati dalla concorrenza bisognosi degli impara occhi, professionisti olimpici, dopati bisognosi dell’antititanica per guarire dall’abuso di supremazia, appartenenza, esaltazione e rivincita in ogni campo. E la sana (?) competizione, il gioco? Spesso alibi con danni collaterali. In competizione scordiamo cosa ci compete: cambiar traguardi, cercare meraviglia innata, vedere altre finali per saper cos’è terminale, irraggiungibile, impossibile, e cambiar passo salto velocità bravure e dimensione. Farà pur bene un po’ d’agonismo? Sì, farà. Adesso forse ancora no.

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