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Biennale all’insegna di una sana «Incerteza»

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Biennale all’insegna di una sana «Incerteza»

Poster. La XXXII Biennale di San Paolo
Poster. La XXXII Biennale di San Paolo

Dopo le Olimpiadi di Rio de Janeiro, i riflettori si accendono ora sull’attività culturale del Brasile. Il 7 settembre apre al pubblico la 32a edizione della storica Biennale di San Paolo, seconda al mondo, dopo la Biennale di Venezia (1895), voluta dall’industriale italo-brasiliano Ciccillo Matarazzo (1898-1977), figura centrale nella fioritura dell’arte moderna in Brasile.

Ospitati nell’omonimo Padiglione nel Parque Ibirapuera, simbolo dell’architettura modernista brasiliana per opera di Oscar Niemeyer e di Hélio Uchôa, le opere degli artisti invitati da trentatré paesi di tutto il mondo riflettono e fanno riflettere su «Incerteza viva/ Live Uncertaintly», titolo e tema della Biennale voluto dal curatore Jochen Volz che si è avvalso di una squadra internazionale con: Gabi Ngcobo (Sud Africa), Júlia Rebouças (Brasile) and Lars Bang Larsen (Danimarca). L’ “incertezza” si spoglia della negatività di cui si è vestito il termine e trasforma le sue criticità in terreno fertile da abitare e coltivare per trovare soluzioni. Primo passo, come in ogni cosa, è conquistare la consapevolezza della sua esistenza. Come? «Discutere l’incertezza richiede saper abbracciare la diversità della conoscenza – così si esprime il curatore – dal momento che descrivere ciò che non conosciamo implica interrogarsi su qualsiasi cosa noi crediamo di conoscere».

La natura possibilistica dell’incertezza e il suo collocarsi al crocevia tra cose e discipline, tra vita quotidiana e ricerca scientifica, diventa punto privilegiato d’osservazione e di azione. Da qui, lo sguardo si apre sull’universo che nell’era attuale dell’Antropocene ha aggiunto alla sua complessità nuovi misteri.

Volz parte dall’incertezza come condizione psicologica dotata di una qualità virale che dagli organismi si espande agli ecosistemi e conquista terreno per una prospettiva allargata. Appare così più nitida l’appartenenza integrale dell’individuo al suo ambiente. Lo sguardo si muove oltre le cose, metabolizza l’estinzione delle diversità biologiche e culturali, cerca informazioni su discipline nuove, nate sulla scia di questi cambiamenti. La zoo-etica, per esempio, progetto di ricerca interdisciplinare in cui sono coinvolti anche Nomeda & Gediminas Urbonas – presenti alla Biennale - studia forme di vita diverse, come quelle di mammiferi, microbi, molluschi per immaginare prototipi di interfacce per future ecologie di inter-specie.

La materia perde la certezza dei suoi confini sostanziali e si confonde nel flusso di forze ed energie che modellano forme e comportamenti di oggetti/organismi; tutto è inglobato nel tutto, vicino e lontano. Scopriamo come allargare lo sguardo può significare capire di doverlo restringere ad un punto di vista interno al tutto di cui siamo parte.

Tenendo conto di questioni esistenziali come queste, una volta discusse come astratte dal resto, le opere in Biennale riflettono su tematiche attuali: cambiamenti climatici, instabilità politica, distribuzione delle risorse, questioni relative alle migrazioni. Per affrontarle, bisogna prima localizzare e abitare l’incertezza.

Il terreno di incertezza che abitiamo attualmente è particolarmente esteso. Possiamo immaginarlo come maggior spazio fertile da poter coltivare con i nuovi parametri che inevitabilmente siamo chiamati a ristabilire, a partire da quelli a cui si rapporta il significato stesso di ’vita’. L’arte ci aiuta a “visualizzare” con tutti i sensi, prima di concretizzare nuove strategie di vita.

Questo è solo uno di tanti spunti da portare con sé andando alla Biennale che si propone ancora una volta come termometro dell’arte contemporanea internazionale e strumento socialmente propositivo, a livello locale e globale.

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