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Volterra e l’unità della cultura

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Volterra e l’unità della cultura

Normalista. Vito Volterra (1860-1940) con una nipotina. Allo scienziato è dedicata una mostra al Museo Ebraico di Roma (12 settembre-9 novembre)
Normalista. Vito Volterra (1860-1940) con una nipotina. Allo scienziato è dedicata una mostra al Museo Ebraico di Roma (12 settembre-9 novembre)

«Negli uomini di scienza la curiosità è ben grande di guardare fuori e lontano; vivo è il desiderio di frugare nella vetrina degli altri per ben conoscere il valore della propria... ». Così Vito Volterra nel 1901 apriva la sua prolusione all’Università di Roma. Come osserva Raffaella Simili nel suo Patrioti, Scienziati, Presidenti, sono parole che riflettono la strategia scientifica del grande scienziato, quell’«attitudine nuova» per cui i metodi matematici che avevano dato grandi risultati nelle scienze fisiche – che oggi definiremmo scienze dure – avrebbero potuto avere lo stesso successo una volta trasportati nei nuovi campi della biologia, dell’economia, delle scienze politico-sociali. Volterra, che dopo gli studi in Normale a Pisa era diventato professore di meccanica razionale a soli 23 anni, aveva tutta l’autorevolezza del pioniere che aveva introdotto il campo dell’analisi funzionale. Questa nuova branca della matematica risolveva alcuni problemi della fisica classica di fine Ottocento. Tuttavia sarebbe stata la base di tante nuove teorie, a cominciare dalla meccanica quantistica che oggi produce nuove tecnologie per il futuro.

L’autorevolezza scientifica dava a Volterra quell’autorità “politica” che gli consentì di realizzare il suo sogno visionario di una nuova società basata sulla scienza, mediante la creazione di nuovi organismi. Un primo progetto, quello di «Società italiana per il progresso delle scienze (Sips)», avrebbe preso corpo già nel 1907 ed era basato su una particolare attenzione al rapporto tra comunità scientifica, politica e sviluppo economico. Il desiderio era quello di oltrepassare i limiti della specializzazione, con il superamento dei confini dei settori disciplinari, coinvolgendo campi nuovi in un forte rinnovamento metodologico. Veniva prevista l’aggregazione in un’unica comunità nazionale di mondi intellettuali diversi, dentro e fuori le università, con la cooperazione degli industriali e dei vari organismi statali. La realizzazione concreta di questa nuova strategia, in linea con quanto avveniva nel mondo, si sarebbe compiuta nel 1923 con l’istituzione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) presso l’Accademia Nazionale dei Lincei. Volterra fu il primo Presidente fino al suo allontanamento, conseguenza della politica del regime fascista.

Il Cnr di oggi dedica a tutti gli aspetti della vicenda scientifica, organizzativa e politica del suo primo presidente una mostra (Museo Ebraico di Roma, 12 settembre – 9 novembre) curata dall’ufficio stampa dell’Ente (Marco Ferrazzoli, Sandra Fiore e Maurizio Gentilini) con la consulenza tra gli altri di Giovanni Paolonie di Virginia ed Enrico Volterra. Per la mostra è stato fatto uso importante dell’Archivio Volterra, ora custodito presso l’Accademia dei Lincei, all’insegna di una sinergia culturale tra Lincei e Cnr, proseguita nel corso dei decenni e che Volterra, presidente di entrambe le istituzioni, ben simboleggia. Alcune delle vicende illustrate nella mostra si prestano a interessanti considerazioni, utili per i tempi presenti, che riguardano l’importanza della mobilità, le relazioni internazionali, l’interdisciplinarità, la sinergia tra enti e istituzioni diverse, l’unicità della cultura e il saper combinare creatività scientifica e senso strategico.

Volterra, marchigiano di nascita, visse gli anni giovanili a Torino e a Firenze. Frequentò l’Università a Pisa, prima da studente e poi da professore. In seguito si trasferì a Torino – dove diventò membro dell’Accademia delle Scienze fondata dall’illustre matematico Lagrange – quindi a Roma, dove oltre che dei Lincei divenne socio e Presidente della Società dei XL. A Roma nel 1936, a pochi anni dalla morte, ormai escluso dal mondo accademico italiano a causa dell’opposizione al fascismo, fu ammesso alla Pontificia Accademia delle Scienze. Volterra ebbe una visione internazionale, frequentò scienziati e accademie non solo europee ma anche di oltre oceano: a Washington divenne membro della National Academy of Science. Importanti e strategiche sono tutt’oggi le sue attività educative internazionali. In Italia, per esempio, sostenne il programma di borse di studio della fondazione Rockefeller, la prima delle quali, nel 1924, consentì al giovanissimo Enrico Fermi di recarsi dal fisico Hendrik Lorentz a Leida. Il contesto internazionale è fondamentale per dare ampio respiro anche alle strategie di politica della scienza. Infatti le iniziative che, partendo con la Sips, culminarono con il Cnr furono ispirate anche da quanto di analogo si andava svolgendo nel mondo.

Volterra colse da subito l’importanza dell’interdisciplinarità e della sinergia virtuosa tra università, ricerca pubblica e industria, mettendo ogni risorsa al servizio di una strategia nazionale. Tra l’altro, nell’istituire il Cnr, mosso dalla convinzione che la ricchezza economico-industriale derivasse dalla ricerca, Volterra – che fu membro e Presidente del Bureau International des Poids et Mésures – doveva ben conoscere il ruolo giocato dalla certificazione metrologica di processi e manufatti.

Nel Cnr si mescolano in modo virtuoso saperi e competenze umanistiche, scientifiche e tecnologiche. Benedetto Croce non era convinto dell’idea visionaria di Volterra, ovvero che una scienza “dura”, fondata sui metodi sperimentali, potesse costruttivamente dialogare con i campi umanistici. Ma i due avrebbero agito all’unisono nel momento di sostenere l’indipendenza della cultura dal regime fascista. La visione di Volterra è uscita vincente anche su questo fronte: oggi le scienze umane e sociali, e le strategie per la valorizzazione del patrimonio culturale, sono in grande fermento proprio grazie agli ingenti investimenti nel resto del mondo nella promozione dell’interdisciplinarità, sia a livello formativo sia per quanto riguarda i progetti di ricerca innovativi. L’Italia dispone di risorse culturali e umane uniche al mondo per competere proprio alla frontiera della ricerca interdisciplinare che valorizza il potenziale euristico ed educativo/formativo dei saperi umanistici.

Nella sede del Cnr di oggi sono state dedicate sale sia a Croce sia a Volterra, a ribadire l’unicità di una cultura senza aggettivi e motore del progresso. Le iniziative strategiche di Volterra in Italia e di altri scienziati in altri Paesi trovarono terreno fertile nella necessità di sviluppare in modo coordinato quelle tecnologie che si erano dimostrate cruciali a seguito della tragedia della Prima guerra mondiale. Se conflitti e sfide tra nazioni hanno sempre finanziato la ricerca, da decenni il progresso scientifico e tecnologico avviene in un’Europa senza guerre. A quasi sessant’anni dal trattato di Roma, l’Europa della scienza ha compiuto con successo quell’integrazione e quella strategia comune cui tende l’Europa politica.

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