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Che cosa contiene il mondo

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FOFI D’OGGI / A COLLOQUIO CON JENANN ISMAEL

Che cosa contiene il mondo

Una mela che cade dall’albero è la prova della legge di gravitazione universale. O, almeno, lo è per un fisico. Al cuoco fa venire in mente la tarte tatin. Il pittore è interessato al contrasto cromatico tra la mela e il cielo. Insomma, lo sguardo di chi guarda è un elemento fondamentale della rappresentazione. C’è una differenza sostanziale tra il mondo com’è, il modo in cui ci viene restituito dalla scienza e l’esperienza che si ha di esso? I filosofi si sono spesso interrogati sulle ragioni e sulle implicazioni di questa discrepanza. Alcuni credono che la nostra percezione del mondo sia difettosa, perfino illusoria. Altri, invece, pensano che siano le teorie scientifiche a dare un’immagine del mondo distorta, semplificata e parziale.

Per esempio, David Chalmers, autore del celebre The Conscious Mind: in Search of a Fundamental Theory (Oxford University Press 1996), ha sostenuto che la fisica non offre un resoconto completo di tutto ciò che il mondo contiene perché non può rendere conto della coscienza. Questa tesi circa l’incompletezza della fisica ha influenzato molti dibattiti sulla natura dell’agire. Infatti, se prendiamo per buona la rappresentazione della fisica, che fine fanno gli agenti? Come distinguere tra uno stato di cose provocato apposta da qualcuno e uno stato analogo causato da agenti atmosferici? Che differenza c’è tra un’azione intenzionale e un movimento inconsulto?

Solitamente, chi è interessato a rendere conto delle attività di agenti responsabili tende a dar ragione a Chalmers: il resoconto che la fisica dà del mondo è incompleto dal punto di vista ontologico: lascia fuori molti oggetti che fanno parte dell’arredo ontologico del mondo, almeno per quanto risulta dalla nostra esperienza. Viceversa, lo sguardo del fisico è attento alle strutture invarianti e quindi insensibile alle oscillazioni della prospettiva del soggetto.

Jenann Ismael ha trovato una via alternativa. Sebbene sia una filosofa della fisica, è interessata agli agenti e alle loro azioni intenzionali. E, sebbene interessata a spiegare l’agire, Ismael non ritiene che la rappresentazione del mondo della fisica sia incompleta. Ismael è docente di filosofia all’Università dell’Arizona dal 1998; ha insegnato a Stanford e a Sidney e ha avuto una quantità impressionante di riconoscimenti prestigiosi. L’originalità e la sistematicità della sua teoria filosofica si può arguire dai titoli dei suoi tre libri Essays on Symmetry (Garland Press 2001), The Situated Self (Oxford University Press 2007) e How Physics Makes Us Free (Oxford University Press 2016). «La mia area di specializzazione è la filosofia della fisica, ma sono anche molto interessata a scoprire com’è che gli esseri umani si collocano nell’architettura della natura. In particolare, mi premono le questioni sulla natura del tempo e sulla libertà umana, dove la fisica sembra dirci qualcosa a proposito del mondo che è molto diverso dall’esperienza che si ha di esso».

Gli argomenti che sostengono questa conclusione mettono in luce alcune differenze importanti tra le descrizioni del mondo che ciascuno di noi può dare «standoci dentro» e le descrizioni della fisica. «Queste differenze mi sembrano un artefatto della transizione tra due modi di rappresentare il mondo: in prima persona e in terza persona. Se ho ragione, questi argomenti non dimostrano, come crede Chalmers, che la fisica è incompleta dal punto di vista ontologico. L’incompletezza della fisica è di tipo differente, per il fatto che è una rappresentazione in terza persona. Una tale rappresentazione può offrire un resoconto completo e oggettivo dei contenuti della realtà, ma abbiamo bisogno di qualcos’altro, qualcosa oltre alla rappresentazione, per connettere le rappresentazioni agli oggetti che esse rappresentano».

L’ambizioso progetto di Ismael è mostrare che le varie discrepanze tra le rappresentazioni della fisica e l’esperienza soggettiva del mondo possono essere spiegate e riconciliate. «Penso che il problema abbia due dimensioni. C’è una dimensione verticale, riconciliare le strutture descritte dalle teorie microscopiche con il mondo macroscopico dei beni di media grandezza che arredano la nostra quotidianità. Questo è il compito di molte ricerche emergenti della fisica. E c’è, poi, una dimensione orizzontale, che riguarda l’interazione tra gli osservatori umani e il flusso di dati sensoriali da cui si sviluppa una vita interiore ricca e complessa. Comprendendo questa interazione arriviamo a capire veramente com’è che un mondo fuori dal tempo e dallo spazio viene trasformato nella prospettiva di un agente situato e radicato che interagisce con ciò che egli stesso si rappresenta. Ritengo che anche questo progetto appartenga alla fisica, per come la concepisco, perché si propone di comprendere come l’esperienza umana si confà all’architettura del mondo naturale. Ma è una ricerca che coinvolge più direttamente le scienze cognitive, la psicologia morale e la fenomenologia».

Ismael si interroga su come mettere in relazione in relazione il carattere soggettivo dell’esperienza, per esempio di una mela rossa con qualcosa che appartiene alla descrizione oggettiva del mondo (per esempio, il tipo di stato del cervello che è causato dall’interazione visiva con un oggetto rosso). «È un’operazione analoga a puntare il dito sulla mappa per indicare il luogo dove siamo situati (il qui o l’oggi del calendario). Sono operazioni che richiedono di mettere in relazione ciò che è presente (e quindi varia con il contesto) con ciò che è rappresentato (e che ha un contenuto semantico fisso). Gli strumenti simbolici che utilizziamo per rendere conto di queste connessioni hanno una logica piuttosto complicata». Per esempio, il punto rosso che segnala «Siete qui» non rappresenta niente, non ha un contenuto semantico fisso, né aggiunge niente a ciò che c’è già nella mappa. In termini matematici è una funzione, piuttosto che un punto fisso.

Quando si dice che la fisica non contiene termini come «qui», si dice che la fisica manca qualcosa, ma non perché non dà un resoconto completo di ciò che il mondo contiene dal punto di vista ontologico. Piuttosto, la rappresentazione fisica non dà informazioni che riguardano il modo in cui gli oggetti si presentano a noi, nella nostra esperienza soggettiva.

Eppure, l’esperienza soggettiva è indispensabile per Ismael, anche se non ha un fondamento ontologico separato. «Se vogliamo comprendere ciò che siamo, dobbiamo studiare com’è che si arriva ad avere una concezione di noi stessi, com’è che si usano pronomi personali per ascrivere pensieri ed esperienze, com’è che la concezione che abbiamo di noi stessi prende forma nell’auto-riflessione. È di moda dire che il sé è un’illusione per dire che non c’è altro che la consapevolezza del sé. Secondo me dire ciò non vuol dire che il sé è illusorio; piuttosto, questo è un resoconto positivo del sé».

Questo è il punto di partenza per l’ultimo libro, che parla di ciò che la fisica può insegnarci a proposito della libertà d’azione. «Cerco di capire com’è che in un mondo governato dalle leggi della fisica può ancora essere vero che quando scelgo come agire, quella scelta viene da me, non è imposta da una necessità esterna. Voglio offrire a coloro che sono interessati alla questione del libero arbitrio ma non hanno familiarità con la fisica contemporanea, una comprensione migliore (più raffinata, più fedele e più moderna) di come il mondo risulta attraverso le lenti della fisica. La mia idea è che il tipo di controllo che è presupposto dal senso comune è sottoscritto dalla fisica. Questo non sarà di consolazione a quelli che pretendono una certa forma metafisica di libertà, ma io non credo che la dignità umana o la libertà abbia bisogno di essere sostenuta da una metafisica robusta».

15 - Continua (Le puntate precedenti sono state pubblicate dalla Domenica nei numeri dal 5 giugno all’11 settembre)

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