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Rossi, mancini e omosessuali: le radici di una discriminazione

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ELZEVIRO

Rossi, mancini e omosessuali: le radici di una discriminazione

Rosso malpelo. Antonio Ciurca è Malpelo nel film di Pasquale Scimeca del 2011
Rosso malpelo. Antonio Ciurca è Malpelo nel film di Pasquale Scimeca del 2011

Cosa condividono rossi di capelli, mancini e omosessuali? Semplice, la devianza. Sì, la devianza da ciò che la statistica considera normale, vale a dire essere percentualmente pochi in un mondo di biondi e castani, di destrimani e di eterosessuali. La storia ci insegna, e la psicologia evoluzionistica ci spiega, che è umana inclinazione guardare con sospetto e diffidenza coloro che sono diversi dai più. E discriminarli. Se per gli antichi Greci le persone con i capelli rossi una volta morte diventavano vampiri, nel Medio Evo erano frutto di rapporti avvenuti mentre la donna era mestruata.

Nell’epoca della caccia alle streghe, molte donne furono arse sul rogo solo perché rosse di capelli. In tempi meno lontani Hitler, patologicamente ossessionato da tutto ciò che potesse intaccare la purezza della razza, aveva bandito le unioni tra rossi di capelli, ree di generare debosciati. Sebbene la rivista Playboy avesse già provveduto a riabilitare le rosse (Redheads are like other women—only more so - Le rosse sono come le altre donne, solo di più), qualche decennio più tardi la scienza - che deve il suo metodo proprio ad un rosso di capelli, Galileo - rivelerà che i rossi, neppure due su cento, sono tali per una mutazione di un gene sul cromosoma 16, comparsa tra 20 e 40 mila anni fa, che sintetizza un tipo diverso di melanina, il pigmento che colora la nostra pelle, i capelli e i peli. Mutazione che, consentendo un maggior assorbimento di raggi ultravioletti, favorisce la produzione di vitamina D negli individui che vivono lontano dall’equatore, dove infatti la percentuale di rossi è di gran lunga maggiore. Ciononostante, ancor oggi i rossi di capelli sono spesso bersaglio di discriminazione e di atti di bullismo, fenomeno noto come Gingerismo.

Per i mancini la storia ha preso una brutta piega a cominciare dal nome, che nell’etimo latino mancus - come pure nel corrispettivo Anglo-sassone Lyft - significa appunto manchevole, mutilato. In un batter d’occhio la sinistra è diventata la “mano del diavolo”, da nascondere, anzi, da correggere! Sembra preistoria, ed invece molti tra i lettori non più adolescenti ricorderanno il guantino che serviva ad impedire ai bambini mancini di impugnare la penna con la mano sinistra. Oggi, le moderne metodologie di neuroimmagine ci mostrano che destrimani e mancini hanno una diversa specializzazione degli emisferi cerebrali che, come noto, non sono simmetrici, ma si distribuiscono i compiti. Insomma, quelle funzioni che nel destrimane si trovano localizzate nell’emisfero sinistro e che, in virtù dell’incrocio dei fasci nervosi che partono dalla corteccia cerebrale, controllano finemente la parte destra del corpo, nel mancino si trovano nell’emisfero destro.

Con una distribuzione peraltro di grado variabile tra i due emisferi, tanto che esistono persone ambidestre come pure mancini o destrimani che usano una mano per scrivere ma l’altra per lavarsi i denti o impugnare la forchetta. Che la mano destra possa imparare a fare quello che la sinistra fa per sua natura è dimostrazione della meravigliosa plasticità cerebrale - la stessa che consente a chi ha avuto un ictus o un trauma di recuperare almeno in parte le funzioni perdute. Ma forzare un mancino a diventare destrimane è vera e propria crudeltà, perché atto contro la sua natura.

Sostanzialmente nello stesso modo stanno le cose per la questione dell’omosessualità. Gli omosessuali diventano omosessuali attraverso lo stesso processo per il quale gli eterosessuali diventano tali. Nessuno dei due sceglie di diventare quello che poi diventerà. Nessuno dei due può non diventare ciò che diventerà. Al massimo, può solo cercare di nascondere la sua natura. Problema che nessun eterosessuale si deve essere mai posto e che invece ha afflitto - e continua ad affliggere - gli altri, quelli che provano qualcosa di diverso, che deviano, appunto, da ciò che provano i più.

Al cospetto di ogni fenomeno naturale, lo scienziato è portato per sua stessa natura - neppure questa penso sia una scelta - a chiedersene il perché. E dunque perché in natura esistono omosessuali, se la procreazione tra due individui di sesso diverso è conditio sine qua non per la perpetuazione della specie? Non dobbiamo dimenticare che i meccanismi di selezione naturale portano a vantaggi complessivi per l’evoluzione, non necessariamente per il singolo. Studi recenti indicano che le madri dei gay sono più fertili, hanno meno aborti spontanei, sono più estroverse e sono più rilassate. Nell’omosessualità sembrano giocare un ruolo fattori genetici - la percentuale di gay e lesbiche, rispettivamente il 2% e lo 0.5% della popolazione generale, sale al 9% e al 3,5% nelle famiglie dei gay e delle lesbiche. Sarebbero proprio questi geni, identificati nei gay sul cromosoma 8 e sul cromosoma X, ad aumentare la fecondità nelle femmine.

Creare diversità e lasciar fare ai meccanismi di selezione naturale è caratteristica fondamentale del processo di evoluzione. Accade nei batteri come negli esseri umani. Nulla di più distante dunque da quella definizione di “contro natura” che ancora oggi viene pretestuosamente chiamata in causa da chi vorrebbe “curare” gli omosessuali - così come fino a non molto tempo fa si bendava la mano del diavolo!

La diversità - in qualsiasi sua manifestazione, dal colore della pelle all’orientamento sessuale al credo religioso - è fin dagli albori dell’umanità motivo di discriminazione e di prevaricazione degli uni sugli altri. Questo sì è davvero contro l’essenza delle leggi della natura.

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